

Raffaello: 500 anni dalla morte
Raffaello: umanità affabile e talento “divino”
500 ANNI DALLA MORTE
Raffello, divino talento
A voler credere a questa seconda ipotesi, Raffaello sarebbe nato esattamente alla stessa ora dello stesso Venerdì Santo in cui era nato Gesù Cristo, con cui condivide anche il giorno della morte.
È molto probabile, tuttavia, che la data di nascita dell’artista sia stata modificata dopo la sua morte proprio per creare questa coincidenza e per accrescere la leggenda che circonda una figura considerata “divina” dai suoi contemporanei.
All’età di otto anni, l’artista affronta la perdita della madre Maria e cresce guidato soltanto dalla figura del padre Giovanni, un pittore di corte di modesta fama che presto decide di risposarsi con Berardina di Piero di Parte che lo rende padre della piccola Elisabetta.
La ritrovata serenità familiare si interrompe, però, il 1° agosto 1494 quando anche il padre Giovanni muore e l’orfano Raffaello viene affidato alle cure di uno zio sacerdote, chiamato Bartolomeo.
Egli è soltanto un bambino di undici anni ma, come ci racconta lo storico d’arte Giorgio Vasari, ha già dimostrato ampio talento fornendo un concreto aiuto al padre nella realizzazione di alcune delle sue opere presso la corte di Urbino. Ed è proprio ad Urbino che il giovane Raffaello inizia a studiare disegno, avvicinandosi alle opere di Piero della Francesca, ma soprattutto allo stile di Pietro Vannucci, detto il Perugino, uno dei più grandi pittori del tempo.
Sempre grazie ai resoconti storici del Vasari, possiamo supporre che ben prima della morte del padre Giovanni, Raffaello avesse iniziato il suo apprendistato proprio presso il Perugino.
Il vero artista ed il periodo fiorentino
Bisogna, però, aspettare il 1500 perché si abbia traccia documentata di un’opera a firma dell’artista: si tratta di una pala d’altare destinata alla chiesa di San Nicola da Tolentino presso Città di Castello di cui purtroppo oggi restano soltanto pochi frammenti, a causa dei danneggiamenti subiti in seguito al terremoto del 1789.
All’età di diciotto anni Raffaello si trasferisce a Firenze, culla dell’arte e della pittura, dove ha modo di imparare dai più grandi maestri che l’Italia abbia mai avuto: Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti.
Pur spostandosi anche in altre città del centro-Italia, come Perugia ed Urbino, l’artista trascorre nel capoluogo toscano quattro anni, stringendo rapporti con i pittori locali e dando inizio a quello che viene conosciuto come il “periodo fiorentino”. Il suo stile inizia a mutare e, abbandonati i tratti aggraziati che aveva ereditato dal Perugino, Raffaello sperimenta nuove forme ed elabora un suo stile unico proprio in quanto commistione delle varie correnti dell’epoca. Diventa, inoltre, un maestro della ritrattistica ed in particolare di quella dedicata alla figura femminile dipingendo numerose donne come la Dama col liocorno o la Madonna del cardellino.
Raffaello, divino talento, è ormai un artista conosciuto ed apprezzato ben oltre i confini della Toscana e, nel 1508 papa Giulio II decide di affidare proprio al pittore di Urbino le decorazioni delle sue stanze presso il Palazzo Vaticano.
È un periodo di grandi rinnovamenti all’interno del Vaticano ed il Papa ha assunto alcuni tra i migliori artisti del tempo per realizzare un’opera straordinaria sia a livello urbanistico che artistico.
Anche Raffaello viene chiamato da papa Giulio II e si trasferisce a Roma, per adempiere a questo suo primo incarico ufficiale, restando per molti anni al servizio papale.
Raffello, divino talento: pittore, architetto, studioso del marmo
Tra i progetti avviati da papa Giulio II, uno dei più ambiziosi è la costruzione della chiesa di San Pietro, affidata all’ingegno del celebre architetto Donato Bramante ma, quando quest’ultimo viene a mancare il posto vacante viene assegnato al giovane Raffaello. È il 1514, Raffaello ha ventott’anni ed è appena diventato l’architetto più ambito di Roma.
Se tanto ci è stato tramandato del suo talento pittorico, ben poco è rimasto invece di questi suoi progetti architettonici: l’artista muore, infatti, prima del completamento della chiesa di San Pietro e gran parte di ciò che era stato costruito sotto la sua supervisione è stato modificato o addirittura demolito negli anni seguenti.
Nel 1515 il nuovo papa Leone X affida a Raffaello un incarico istituzionale: custodire, conservare e registrare i marmi antichi ed è proprio per adempiere a questo compito che Raffaello mette da parte la pittura, iniziando un attento studio del marmo e, in particolare, degli elementi architettonici del Pantheon.
L’artista rimane affascinato dai resti della Roma antica e gli ultimi anni della sua carriera artistica sono caratterizzati da un continuo paragone con il passato e dalla ricerca della perfezione delle forme. Continua, intanto, a ricevere incarichi ufficiali da Leone X, come la realizzazione di dieci arazzi per la Cappella Sistina raffiguranti frammenti di vita di San Pietro e San Paolo, disegnati da Raffaello ed intessuti a Bruxelles dalla bottega di Pier van Aelst.
Nel marzo 1520 Raffello si ammala improvvisamente, la febbre inizia ad alzarsi raggiungendo dei picchi preoccupanti ed il medico non sa bene come intervenire per salvare la vita dell’artista. Le cure non sortiscono alcun effetto e le condizioni di salute di Raffaello precipitano velocemente. Dopo quindici giorni di agonia, il pittore si spegne il 6 aprile 1520, nel pieno della sua attività artistica ed alla giovane età di trentasette anni.
Benché non si sappia con certezza la causa della morte, il Vasari ritiene essa sia stata una diretta conseguenza degli “eccessi amorosi” e della condotta lussuriosa del giovane Raffaello. Il pittore non avrebbe raccontato le vere ragioni del suo malore neppure al medico che tentava di salvargli la vita e, all’oscuro di tutto, quest’ultimo lo avrebbe sottoposto ad inutili salassi accelerando il progredire della malattia.
Raffaello muore il giorno di Venerdì Santo e la sfortunata circostanza porta molti suoi contemporanei ad affermare che l’artista fosse una reincarnazione di Cristo, ponendo l’accento sulla nobiltà d’animo e sulla bellezza esteriore del pittore. Si racconta che, nel giorno della morte di Raffaello, un terremoto scosse Palazzo Vaticano e persino il Papa ebbe paura di dormire nelle proprie stanze. A noi piace, invece, ricordarlo con le parole del Vasari:
“Di natura dotato di tutta quella modestia e bontà che suole vedersi in colore che più degli altri hanno a certa umanità di natura gentile aggiunto un ornamento bellissimo d’una graziata affabilità”.
Seguendo le volontà di Raffaello stesso, il corpo venne sepolto all’interno del Pantheon, tempio di quella Roma antica ch’egli aveva tanto studiato ed ammirato.