La scelta del nome “Artgender” deriva dalla considerazione per cui esso non debba essere usato solamente come il brand che identifica una particolare società che opera nei settori dell’eventistica, dell’editoria e della comunicazione; per noi l’Artgender rappresenta una vera e propria tipologia di essere umano ovvero chi lo è più profondamente.

Non esclude nessuno ma rinomina una categoria, composta da gente molto diversa al proprio interno… di qualunque credo, origine e direzione; ma, accomunata da un unico fattore: quello artistico. Chiunque può essere o sentirsi un artista fin tanto che si preoccupa di produrre o semplicemente accostarsi ad una qualsiasi forma di espressione.

Questa parola, il nostro nome, identifica chi crede che la bellezza sia necessaria, nelle cose, nelle persone, nei pensieri, nelle parole, nei modi… che l’ispirazione contribuisca alla formazione personale e che l’implementazione delle proprie doti contribuisca ad un’evoluzione individuale.

Luigi Pirandello, letterato appassionato e lavoratore instancabile

Luigi Pirandello, letterato appassionato e lavoratore instancabile

L’instancabile Pirandello nasce il 28 giugno 1867 alle porte di Girgenti (l’attuale Agrigento) da una benestante famiglia di origini liguri, trasferitasi pochi anni prima in Sicilia, dove il padre Stefano gestisce alcune miniere di zolfo.

La sua Sicilia

Sarà lui stesso a descrivere i colori ed i profumi di quella Sicilia tardo ottocentesca che gli ha dato i natali: “Una notte di giugno caddi come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna d’olivi saraceni affacciata agli orli d’un altipiano di argille azzurre sul mare africano… Per uno spavento che s’era preso a causa di questa grande morìa, mia madre mi metteva al mondo prima del tempo previsto, in quella solitaria campagna lontana dove si era rifugiata.”

La villa di famiglia dove Caterina Ricci Gramitto si è appunto rifugiata si trova in contrada Càvusu (“Caos”, in siciliano) e Pirandello ama il gioco di parole che gli permette di definirsi “figlio del Caos non allegoricamente, ma in giusta realtà”.

L’instancabile Pirandello e gli anni della crescita

Egli cresce in un ambiente permeato da un forte spirito risorgimentale ed anti-borbonico sia dal lato materno, con un nonno morto in esilio per aver combattuto contro i Borboni, sia dal lato paterno con un padre che aveva partecipato alla spedizione dei Mille al fianco di Garibaldi.

L’infanzia del piccolo Luigi non è serena, soprattutto a causa della personalità del padre che tende a prevaricare ogni altro membro della famiglia e con cui il figlio ha forti difficoltà nel comunicare.

Pirandello inizia così sin da bambino a rifugiarsi nella lettura di romanzi e nelle sue prime composizioni giovanili.

Il padre vorrebbe indirizzarlo verso studi tecnici per poi inserirlo nella gestione delle miniere di zolfo di famiglia, ma all’età di tredici anni l’attività paterna subisce un grave crollo finanziario ed i Pirandello sono costretti a trasferirsi a Palermo, dove il padre inizia a lavorare per il fratello. Luigi coglie l’occasione per dare una svolta ai suoi studi, dando sfogo al suo amore per la letteratura ed iscrivendosi nel ginnasio della città dove si diploma nel 1886.

In quegli stessi anni egli si innamora della cugina Paolina che lo incoraggia ad iscriversi alla facoltà di Legge e di Lettere dell’Università di Palermo, per proseguire gli studi umanistici.

Poco dopo, cedendo alle forti pressioni familiari, Luigi accetta di affiancare il padre nella gestione delle solfatare di Porto Empedocle ed entra in contatto con gli operai delle miniere e i facchini del porto marittimo, personaggi che ritroveremo nelle sue opere più adulte.

La Fuga dalla pressione familiare

Ma la famiglia inizia ad essere percepita come una trappola dal giovane Pirandello che, sciolto il fidanzamento con Lina, nel 1887 si trasferisce a Roma. Lì prosegue i suoi studi ed ha modo di stringere amicizia con alcuni letterati del tempo, come Luigi Capuana che lo aiuta nel perfezionamento della sua prima raccolta di versi, intitolata “Mal giocondo” e pubblicata nel 1889.

Pirandello si trasferisce, poi, a Bonn dove nel 1891 si laurea in filologia romanza con una tesi sul dialetto siciliano intitolata “Suoni e sviluppi di suono della parlata di Girgenti”. Pubblica, intanto, un secondo libro di poesie dedicato alla ventenne Jenny Schulz-Lander, presso cui alloggia a Bonn e con cui ha una breve relazione amorosa.

Dopo aver preso in considerazione l’idea di rimanere in Germania per insegnare, a partire dal 1892 egli si stabilisce, invece, a Roma dove l’amico Capuana lo avvicina alla scrittura in prosa. Nasce così il romanzo “L’esclusa”, in cui si racconta la storia di Maria Ajala, ingiustamente accusata dal marito di adulterio.

L’ambiente letterato e l’instancabile Pirandello

Capuana non è l’unico letterato con cui Pirandello ha modo di scambiare opinioni e consigli ma, da Ojetti a Romagnoli, tutto l’ambiente letterario che circonda Pirandello è caratterizzato da un forte tradizionalismo. Egli ha, invece, bisogno di entrare in contatto diretto con il suo pubblico e, per questo motivo, inizia a collaborare con numerosi giornali e riviste come la Gazzetta letteraria di Torino, il Giornale di Sicilia, la Tribuna ed Il Marzocco di Firenze pubblicando numerose novelle che raccoglie, poi, in volumi unici come “Amori senza amore” o “Beffe della morte e della vita”, pubblicate tra il 1894 e il 1902.

Ed è proprio nel 1894 che Pirandello sposa Maria Antonietta Portulano, figlia di un socio del padre, donna bellissima ma psicologicamente instabile da cui Pirandello ha tre figli: Stefano, Rosalia e Fausto.

Non si tratta, però, di un matrimonio d’amore ma di una scelta finanziaria che permette alla famiglia Pirandello di investire la dote di Maria Antonietta nelle miniere di zolfo della famiglia.

Nel 1897 lo scrittore ottiene l’incarico di insegnante di Stilistica all’istituto Superiore di Magistero di Roma e contribuisce alla fondazione della rivista letteraria “Ariel”. Queste attività rassicurarono il padre di Pirandello, da sempre diffidente nei confronti della carriera letteraria del figlio, ma non garantiscono un’entrata stabile per la famiglia.

Il crollo familiare e “il fu Mattia Pascal”

La situazione si aggrava nel 1903 quando un allagamento provoca una frana che distrugge la miniera di zolfo in cui il padre ha appena investito tutto il capitale di famiglia e la dote della nuora Maria Antonietta.

La donna, alla notizia del conseguente disastro finanziario, ha un crollo nervoso ed inizia a soffrire di paralisi isterica e di una paranoia che la tormenterà per tutta la vita.

Per prendersi cura della moglie malata e per sostenere economicamente la famiglia, l’instancabile Pirandello inizia ad impartire lezioni private di italiano e tedesco, aumenta il numero di collaborazioni con i giornali ed accetta la proposta della “Nuova Antologia” di pubblicare un romanzo a puntate: scrive così il suo più grande successo, “Il Fu Mattia Pascal”. Sono chiari i riferimenti biografici contenuti nelle vicende di un uomo che cerca inutilmente di sfuggire alla “trappola” familiare.

Novelle, saggi, romanzi e commedie. L’instancabile Pirandello ha un cedimento emotivo, probabilmente pensa al suicidio, ma sfoga nell’impegno letterario le frustrazioni della sua vita personale e la letteratura lo salva.

Le condizioni psichiche della moglie non accennano, però, a migliorare tanto che la figlia Lietta è costretta ad allontanarsi da casa, a causa della gelosia violenta della madre che, in preda alla paranoia, accusa la figlia di intrattenere una relazione incestuosa col padre. Con lo scoppio della prima guerra mondiale e la partenza del figlio Stefano, Pirandello decide di far ricoverare la moglie in un ospedale psichiatrico, dove la donna rimane fino alla morte.

La notorietà giunta

Sul piano professionale, invece, la pubblicazione de Il Fu Mattia Pascal ha dato notorietà a Pirandello anche al di fuori dell’Italia. La commedia “Sei personaggi in cerca d’autore” viene rappresentata a Londra e New York e la fama di Pirandello è ormai internazionale.

A notare questo successo è Benito Mussolini che, nel settembre 1924, convoca lo scrittore a Palazzo Chigi. Sono gli anni del dibattuto caso Matteotti e Pirandello decide di prendere posizione sul piano politico chiedendo l’iscrizione al partito fascista.

Questa scelta politica consente a Pirandello di ricevere numerosi finanziamenti da investire nel Teatro dell’Arte di Roma e nella compagnia teatrale di cui è divenuto direttore per volontà del figlio Stefano, tornato in Italia dopo essere caduto prigioniero in guerra. Proprio in quel teatro Pirandello conosce la giovane attrice Marta Abba con cui inizia un rapporto intellettuale, ma anche sentimentale.

La compagnia parte per una lunga tournée all’estero che tocca tutte le principali capitali d’Europa e si esibisce addirittura in Argentina ed in Brasile per poi sciogliersi nel 1928. Tutto il mondo conosce ormai Pirandello ed i suoi personaggi sono pronti per la trasposizione cinematografica.

Nel 1929 lo scrittore è chiamato a far parte dell’Accademia d’Italia, come segno di riconoscenza del regime per l’adesione al partito.

Il 9 novembre 1934 arriva l’eterna consacrazione con l’assegnazione del Nobel per la letteratura.

Due anni dopo Pirandello si trova a Cinecittà per seguire le riprese del film tratto da Il fu Mattia Pascal, ma si ammala di polmonite e muore il 10 dicembre 1936.

L’instancabile Pirandello saluta

Mussolini avrebbe voluto una solenne cerimonia di Stato, ma l’instancabile Pirandello nel Testamento chiarisce la volontà di un funerale povero e silenzioso: “Sia lasciata passare in silenzio la mia morte… E niente fiori sul letto e nessun cero acceso… E nessuno m’accompagni, né parenti né amici… E il mio corpo, appena arso, sia lasciato disperdere: perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me”.

Sono queste le ultime parole di un artista che ha saputo raccontare le “uno, nessuno e centomila” sfaccettature dell’animo umano.

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