La scelta del nome “Artgender” deriva dalla considerazione per cui esso non debba essere usato solamente come il brand che identifica una particolare società che opera nei settori dell’eventistica, dell’editoria e della comunicazione; per noi l’Artgender rappresenta una vera e propria tipologia di essere umano ovvero chi lo è più profondamente.

Non esclude nessuno ma rinomina una categoria, composta da gente molto diversa al proprio interno… di qualunque credo, origine e direzione; ma, accomunata da un unico fattore: quello artistico. Chiunque può essere o sentirsi un artista fin tanto che si preoccupa di produrre o semplicemente accostarsi ad una qualsiasi forma di espressione.

Questa parola, il nostro nome, identifica chi crede che la bellezza sia necessaria, nelle cose, nelle persone, nei pensieri, nelle parole, nei modi… che l’ispirazione contribuisca alla formazione personale e che l’implementazione delle proprie doti contribuisca ad un’evoluzione individuale.

Lev Tolstoj un’esistenza contraddittoria: il peso delle origini e la sincera condanna delle disuguaglianze

Lev Tolstoj un’esistenza contraddittoria: il peso delle origini e la sincera condanna delle disuguaglianze

Nel 1822 l’aristocratico russo Nikolàj Il’ìč sposa la principessa Marja Nikolàevna Volkonskaja, di cinque anni più grande, e la coppia si trasferisce nella tenuta di Jasnaja Poljana, un podere nel distretto di Ščëkino che Marja ha portato in dote. Proprio qui il 9 settembre 1828 (o 28 agosto a voler seguire il calendario giuliano in vigore in Russia in quegli anni) nasce il quarto dei loro figli, Lev Nikolaevič.

La madre è una donna profondamente religiosa, amante della musica e vivace conoscitrice della letteratura straniera. È solita raccontare le sue giornate all’interno di un diario ed ogni sera trascorre momenti preziosi con i figli raccontando loro delle favole. Lev non conserva, però, un chiaro ricordo di questi momenti vissuti con la madre poiché la donna muore quando il piccolo ha soltanto due anni.
Sette anni dopo, Lev si ritrova orfano anche di padre quando il mite Nikolaj muore, probabilmente avvelenato da alcuni membri della sua stessa servitù.

I ragazzi sono, perciò, affidati alle cure dei parenti e di alcuni precettori tedeschi e francesi.

All’età di 22 anni, Lev si iscrive all’università di Kazan scegliendo la facoltà di filosofia ed un corso specifico in studi orientali.

Vive gli anni universitari in modo goliardico ed irresponsabile, partecipa a numerose feste ed inizia a giocare d’azzardo, perdendo ingenti somme di denaro. Tutto ciò incide negativamente sul suo rendimento scolastico e Lev prova dapprima a trasferirsi nella facoltà di giurisprudenza, per poi abbandonare del tutto gli studi.
Tolstoj sentirà per anni il peso sociale di questo primo fallimento e proverà a colmarlo studiando da autodidatta ed appassionandosi soprattutto agli scritti di Jean-Jacques Rousseau.

Inizia, nel frattempo, a dilettarsi nella scrittura e nel 1852 all’interno della rivista Sovremennik viene pubblicato il suo primo racconto “Infanzia”, ch’egli firma con le sole iniziali. In questa come in altre sue opere giovanili si intravede già l’interesse di Tolstoj per la vita quotidiana, per l’analisi introspettiva dell’uomo e per il realismo più estremo.

In quegli stessi anni Tolstoj decide di partecipare come volontario alla guerra nel Caucaso, seguendo le orme del fratello Nikolaj. Poco dopo il giovane viene ufficialmente arruolato come ufficiale d’artiglieria e, quando nel 1853 scoppia la guerra contro i turchi, Tolstoj viene trasferito in Crimea. Come molti altri giovani egli è a Sebastopoli durante l’assedio dei turchi. È un soldato in prima linea a difesa del bastione di Malakoff, ma soprattutto è un attento osservatore delle violenze di questa guerra così cruenta ch’egli racconterà nel ciclo di tre “Racconti di Sebastopoli”.

L’opera scandalizza la critica russa per il realismo con cui Tolstoj racconta la sua esperienza al fronte poiché per la prima volta non c’è spazio per il patriottismo né per il romanticismo e la guerra è raccontata senza fronzoli, in tutta la sua semplice crudeltà.

Tornato a Jasnaja Poljana, Tolstoj si prende cura fino alla morte del fratello Dmitrij, malato di tubercolosi. Stando a più stretto contatto con i braccianti della sua tenuta, Lev vorrebbe migliorarne le condizioni di vita, ma è pur sempre un aristocratico ed i suoi sinceri tentativi di eliminare le ingiustizie sociali sono accolti con diffidenza dai contadini stessi.

Continua a scrivere racconti di successo e, intanto, compie un viaggio in giro per l’Europa scoprendo con dispiacere che anche lì il potere è nelle mani di pochi, mentre il popolo vive nella miseria.

Non potendo cambiare la società in cui vive, Tolstoj decide di allontanarsene, quasi nascondendosi all’interno di Jasnaja Poljana dove, nel frattempo, ha fondato una scuola per i bambini della zona.


Se sul piano teorico Tolstoj rinnega le disuguaglianze di classe ed è sincera la sua volontà di migliorare le condizioni di vita dei più deboli, sul piano personale egli sente ancora su di sé il peso del suo ruolo di aristocratico.

Nel 1858 si innamora, infatti, di una contadina chiamata Aksin’ja che poco dopo dà alla luce un figlio. Tuttavia Tolstoj non riconosce il bambino che, una volta cresciuto, entrerà a far parte della sua vita solo come cocchiere di famiglia.

Pochi anni dopo Lev incontra la figlia di un medico di corte, l’appena diciottenne Sof’ja Andrèevna Bers, che sposa il 23 settembre 1862. Dall’unione nascono – tra il 1863 ed il 1888 – ben tredici figli.

Tra questi merita d’essere citata soprattutto Marjia, quintogenita e figlia prediletta dello scrittore, nonostante il suo carattere orgoglioso ed intransigente: «Come mi è pesante la vita, come la sopporto solo perché ho Maša!».

Ella si distingue rispetto ai fratelli quando nel 1891 rifiuta la parte d’eredità che le spetterebbe e che Tolstoj sta dividendo cedendo alle forti pressioni familiari.

I primi anni di matrimonio trascorrono sereni e Tolstoj può dedicarsi interamente alla stesura del suo nuovo romanzo. Dopo sette anni di intensa lavorazione, egli porta a termine una delle opere più significative della letteratura russa: “Guerra e pace”, un romanzo che egli ambienta cinquant’anni prima del suo tempo, ma che affronta tutti i temi sociali tanto cari a Tolstoj, smascherando le ipocrisie di una società che lo scrittore condanna anche nel suo romanzo successivo, “Anna Karenina”.

Intorno al 1880 lo scrittore vive un periodo di profonda crisi spirituale. Si avvicina alla Chiesa ortodossa russa ma, pur condividendo la morale religiosa contenuta nei Vangeli, egli ripudia ogni elemento sovrannaturale. Per Tolstoj, come per molti altri dopo di lui, i principi della fede cristiana sono racchiusi in un sermone del Vangelo secondo Matteo intitolato “Il discorso della montagna”.

Parallelamente Tolstoj intraprende una vita sempre più frugale, una dieta vegetariana ed, in generale, uno stile di vita semplice, quasi povero. La moglie Sof’ja non vuole allontanarsi dalla vita lussuosa e mondana cui è abituata ed esterna il suo malumore con frequenti crisi di nervi.
Pur senza separarsi ufficialmente, ben presto la famiglia Tolstoj si ritrova divisa in due fazioni con le figlie che approvano l’etica paterna ed i figli che sostengono, invece, il punto di vista della madre.

Nel frattempo la famiglia si trasferisce per qualche anno a Mosca dove Tolstoj partecipa al censimento della popolazione scoprendo, suo malgrado, che le condizioni dei più poveri in città non sono molto differenti rispetto alla campagna.

Mentre continua a pubblicare numerosi racconti di successo, Tolstoj si trasforma anche in editore, distribuendo testi formativi ed opere del passato. Il suo scopo è chiaramente didascalico, vuole istruire il popolo russo ed è per questo che la sua casa editrice si chiama Posrednik, “l’intermediario”.

Durante la grande carestia del 1891, i coniugi Tolstoj vivono un periodo di riavvicinamento e Sof’ja aiuta Lev a prestare soccorso ai contadini in difficoltà.

Poco dopo, tuttavia, lo scrittore annuncia pubblicamente di voler rinunciare ai diritti d’autore per le sue opere ed il fragile equilibrio familiare torna ad incrinarsi. Nell’estate del 1898 lo scrittore contatta alcuni amici che vivono in Finlandia, con l’intento di fuggire dalla sua stessa famiglia, ma l’idea viene presto abbandonata.

Intanto gli scritti di Tolstoj devono fare i conti con la censura della Chiesa ortodossa e con le pesanti critiche degli ambienti politici ed ecclesiastici.

Nei circoli letterali, invece, in tanti condividono il suo pensiero tanto da far nascere una vera e propria corrente, il tolstoismo.

La Chiesa ortodossa non può non reagire ed il 22 febbraio 1901 procede alla scomunica di Tolstoj, accusato di avere idee anarchiche, contrarie ai principi etici e religiosi professati in Russia. L’episodio non fa che accrescere la popolarità di Tolstoj, tanto che vengono organizzati dei veri e propri cortei di solidarietà nei pressi della sua abitazione.

In quello stesso anno Tolstoj è candidato al Premio Nobel per la letteratura ma, nonostante sia il favorito, alla fine a vincere sarà Sully Prudhomme.

Continua implacabile il suo impegno sociale e, soprattutto, la sua condanna verso ogni forma di guerra: chiede una rapida fine del conflitto russo-giapponese, ma soprattutto spende ogni energia rimastagli per implorare la fine della Rivoluzione russa scoppiata nel 1905.

Persino Gandhi apprezza il suo impegno civico tanto da voler iniziare uno scambio epistolare con lo scrittore.

Dopo la morte dell’amata figlia Marjia stroncata all’età di trentacinque anni da una violenta polmonite, torna in Tolstoj la voglia di fuga da una moglie che non sopporta più e dalle insistenti richieste di testamento da parte dei figli.

La notte del 29 ottobre 1910 prende un treno di terza classe diretto verso la Crimea, ma il viaggio è troppo duro per un uomo della sua età ed il freddo gli causa una brutta polmonite.

Mentre parenti, amici e giornalisti affollano la stazione di Astàpovo, Tolstoj detta alla figlia Aleksandra l’ultimo pensiero da appuntare sul suo Diario.

Riposa nella sua amata Jasnaja Poljana sotto un cumulo di erba ai piedi di un poggio. In quel luogo, da bambino, il fratello Nikolaj aveva nascosto “un bastoncino verde” dai magici poteri.

«Chi avesse scoperto il bastone e se ne fosse impossessato» ha spiegato la figlia Tatiana, «avrebbe avuto il potere di rendere felici tutti gli uomini. L’odio, la guerra, le malattie, i dolori, sarebbero scomparsi dalla faccia della Terra».

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