La scelta del nome “Artgender” deriva dalla considerazione per cui esso non debba essere usato solamente come il brand che identifica una particolare società che opera nei settori dell’eventistica, dell’editoria e della comunicazione; per noi l’Artgender rappresenta una vera e propria tipologia di essere umano ovvero chi lo è più profondamente.

Non esclude nessuno ma rinomina una categoria, composta da gente molto diversa al proprio interno… di qualunque credo, origine e direzione; ma, accomunata da un unico fattore: quello artistico. Chiunque può essere o sentirsi un artista fin tanto che si preoccupa di produrre o semplicemente accostarsi ad una qualsiasi forma di espressione.

Questa parola, il nostro nome, identifica chi crede che la bellezza sia necessaria, nelle cose, nelle persone, nei pensieri, nelle parole, nei modi… che l’ispirazione contribuisca alla formazione personale e che l’implementazione delle proprie doti contribuisca ad un’evoluzione individuale.

la grande donna Hatshepsut

HATSHEPSUT prima grande donna della storia

L’egittologo statunitense James Henry Breasted la definì la prima grande donna della storia: Hatshepsut, figlia di re Thutmose I e della Grande Sposa Reale Ahmose, fu il faraone “femmina” considerato dagli studiosi uno dei migliori sovrani nella storia dell’antico Egitto.

HATSHEPSUT prima grande donna della storia

Hatshepsut grande donnaLa grande donna Hatshepsut probabilmente nacque a Tebe intorno al 1510 avanti Cristo e fu la quinta regnante della XVIII dinastia.

La dinastia Hatshepsut 

Il padre di Hatshepsut, Thutmose I, fu un sovrano abile, potente e molto amato dal popolo che, da grande condottiero, riuscì ad espandere il suo impero in lungo ed in largo arrivando con le proprie legioni fino al fiume Eufrate.

Alla sua prematura morte il trono passò a Thutmose II, figlio di Thutmose I e di una concubina, fratellastro di Hatshepsut del quale ella divenne Grande Sposa Reale.

Thutmose II si rivelò un sovrano scialo, debole e cagionevole di salute che, non lasciando segni della sua personalità, si spense in giovane età.

Alla sua morte, l’erede designato a succedergli sul trono imperiale fu Thutmose III, figlio di Thutmose II e di una concubina, dato che con la moglie ufficiale Hatshepsut aveva generato solo una figlia femmina.

Il nuovo faraone Menkheperra Thutmose, oggi noto come Thutmose III, però, aveva appena tre anni e, vista la giovane età, la regina vedova Hatshepsut assunse la reggenza al trono.

Una situazione del genere non era rara: la storia egizia annoverava già varie regine reggenti anche se la grande donna Hatshepsut fu la prima a ricoprire tale incarico senza essere la madre del re.

La grande donna Hatshepsut al potere

Durante i primi anni di regno di Thutmose III, però, Hatshepsut, donna intelligente, energica, dotata di grandi capacità amministrative e di uno spiccato senso politico, ritenendosi l’unica vera erede diretta del grande faraone Thutmose I, ordì una sorta di colpo di stato che la portò a rivoluzionare la società tradizionale egizia salendo lei stessa al trono.

Hatshepsut si insediò prendendo le caratteristiche di RE e non di REGINA, infatti assunse caratteristiche maschili che faranno di lei un faraone come gli altri. In alcuni casi arrivò anche ad indossare barbe posticce.

Visse in un’epoca di pace e ne approfittò, quindi, per dedicarsi alla gestione economica del paese e soprattutto ad una intensa attività architettonica: fece erigere quattro enormi obelischi a Karnak dove concepì grandiose costruzioni tra cui una sala per la barca sacra interamente circondata da cappelle.

A Buhen, in Nubia, fece erigere un tempio dedicato a Horo, caratterizzato da colonne scanalate e con una pianta basale che sarà adottata per i templi greci un millennio dopo, come il Partenone di Atene.

Il suo capolavoro maggiore, però, fu il proprio tempio funerario di Deir El Bahari, costruito nella regione tebana in una località dedicata alla dea Hathor, all’ingresso della Valle dei Re. Lungo le pareti del tempio la sovrana fece raffigurare, in un ampio ciclo iconografico, il mito della sua nascita: evocare la consacrazione con la quale il dio Amon, protettore della dinastia, l’avrebbe designata a regnare, giustificava indiscutibilmente il proprio diritto al trono.

La grande donna Hatshepsut era anche molto attraente, con tratti del viso delicati e volitivi, incorniciato da lunghi capelli ramati.

Uno dei suoi ritratti più belli è costituito da una sfinge dalla testa umana esposta al Metropolitan Museum of Art di New York.

La grande donna Hatshepsut dopo la morte

Morì in età matura, intorno al suo ventiduesimo anno di regno. Come attesta una stele rinvenuta ad Ermonti, era il 16 Gennaio del 1458 avanti Cristo.

Per molto tempo non si sono trovate notizie sulla causa della morte ma, recentemente, grazie a studi con tecnologie molto avanzate, l’analisi medica sulla mummia ha determinato che la regina avrebbe sofferto di diabete e di un cancro alle ossa.

Sarebbe inoltre stata affetta da artrite e da una pessima dentatura.

La data della morte di Hatshepsut coincise con l’ascesa al trono del figliastro Thutmose III e, dopo di lui, Amenofi II.

Durante questi due regni ebbe inizio la graduale cancellazione del ricordo di Hatshepsut: furono eliminati molti suoi “cartigli”, numerose sue sculture furono ridotte in frantumi, molte sue statue furono rimosse o sfigurate.

Amenofi II è ritenuto da molti il vero fautore della DAMNATIO MEMORIAE di Hatshepsut dato che, non avendo né gli interessi culturali, né la diplomazia né la grande visione politica di colei che lo aveva preceduto, collerico, impetuoso e sprezzante, viveva nell’incertezza del proprio diritto a regnare in quanto figlio anche lui di concubina.

Di sicuro si sostituì alla sovrana attribuendosi molte sue imprese e sostituendosi a lei in molte raffigurazioni.

Inoltre eliminò i titoli e i prestigiosi ruoli delle donne della famiglia reale cercando di interrompere la possibilità di reggenza dinastica femminile.

La dottoressa J. Tyldesley, nei suoi studi, ha contemplato la possibilità che i successori abbiano voluto, in modo freddo e calcolato, che la grande donna Hatshepsut rimanesse una figurata affievolita; di lei vollero oscurarne il ricordo, paventando l’eventualità che le gesta di un faraone donna di successo avrebbero legittimato il fatto che una donna avrebbe potuto governare l’Egitto come un tradizionale sovrano maschile.

Thutmose III, e dopo di lui Amenofi II, si premurarono di stroncare così le future generazioni di potenziali, forti faraone-donne le quali avrebbero dovuto, d’ora in avanti, accontentarsi solo dei loro ruoli tradizionali di mogli, sorelle e madri di re.

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