La scelta del nome “Artgender” deriva dalla considerazione per cui esso non debba essere usato solamente come il brand che identifica una particolare società che opera nei settori dell’eventistica, dell’editoria e della comunicazione; per noi l’Artgender rappresenta una vera e propria tipologia di essere umano ovvero chi lo è più profondamente.

Non esclude nessuno ma rinomina una categoria, composta da gente molto diversa al proprio interno… di qualunque credo, origine e direzione; ma, accomunata da un unico fattore: quello artistico. Chiunque può essere o sentirsi un artista fin tanto che si preoccupa di produrre o semplicemente accostarsi ad una qualsiasi forma di espressione.

Questa parola, il nostro nome, identifica chi crede che la bellezza sia necessaria, nelle cose, nelle persone, nei pensieri, nelle parole, nei modi… che l’ispirazione contribuisca alla formazione personale e che l’implementazione delle proprie doti contribuisca ad un’evoluzione individuale.

La colta Ipazia

IPAZIA: bellezza, grazia ed intelletto

L’incarnazione di una donna libera nel III secolo d.C.

IPAZIA: bellezza, grazia ed intelletto

Quindici secoli fa, ad Alessandria d’Egitto, viveva una donna di nome Ipazia. Nata intorno al 370 d.C. la colta Ipazia era la figlia del matematico Teone.

L’infanzia

Fin da piccola fu allevata dal padre allo studio della matematica ma, non contenta, volle raggiungere un sapere più ampio ed essendo molto intelligente e più dotata del padre, si diede anche alla conoscenza della filosofia e dell’astronomia.

Dopo anni e anni di studio e frequentando anche le celebri scuole di filosofia di Alessandria, finì per farsi una fama tra gli intellettuali del suo tempo: una notorietà per intenditori che si diffuse nella comunità internazionale dei sapienti dell’epoca.

La colta Ipazia

Nel V secolo dopo Cristo, l’amore per la cultura era grande e vivo ed in questo contesto Ipazia era vista da tutti come colei che aveva riunito in sé tutte le conoscenze accessibili allo spirito umano. Come ci racconta Diderot, ella aveva un’eloquenza incantatrice sia per il popolo che per gli stessi uomini dotti ed eruditi.

Pur essendo donna, si dice anche molto bella, indossava il TRIBON, cioè un grezzo mantello tipico dei predicatori con cui faceva le sue apparizioni nel centro della città per spiegare a chiunque Platone, Aristotele e gli altri grandi filosofi.

Sfrontata e carismatica, influente politica e maestra di pensiero e di comportamento Ipazia fu molto amata dai suoi discepoli quale delicata portatrice di sapienza e fu l’incarnazione di una donna libera da stereotipi e capace di affermare il potere intellettivo femminile.

Tutto ciò, però, non piacque al vescovo Cirillo che, invidioso ed intrigante, né provoco la morte.

La colta Ipazia e la figura sacrale

La figura sacrale e carismatica di questa soave ed erudita donna, il suo prestigio sociale ed il ruolo politico ottenuto, ebbero come effetto una enorme rabbia ed odio da parte di Cirillo che vedeva in Ipazia la sopravvivenza dell’antico paganesimo delle scienze ellenistiche, filosofie contrapposte al suo cristianesimo immanente volto ad una assoluta preminenza sulla città e sul governo. Fu quindi aggredita, denudata, dilaniata. Il suo corpo fu smembrato e bruciato sul rogo.

Ecco cosa è rimasto oggi: La colta Ipazia, il simbolo di una donna che, come tante altre nella storia, hanno cercato con l’intelligenza di far valere le proprie idee ed il proprio pensiero e che come una vera guerriera al femminile non ha usato armi o violenza ma bellezza, grazia ed intelletto.

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