La scelta del nome “Artgender” deriva dalla considerazione per cui esso non debba essere usato solamente come il brand che identifica una particolare società che opera nei settori dell’eventistica, dell’editoria e della comunicazione; per noi l’Artgender rappresenta una vera e propria tipologia di essere umano ovvero chi lo è più profondamente.

Non esclude nessuno ma rinomina una categoria, composta da gente molto diversa al proprio interno… di qualunque credo, origine e direzione; ma, accomunata da un unico fattore: quello artistico. Chiunque può essere o sentirsi un artista fin tanto che si preoccupa di produrre o semplicemente accostarsi ad una qualsiasi forma di espressione.

Questa parola, il nostro nome, identifica chi crede che la bellezza sia necessaria, nelle cose, nelle persone, nei pensieri, nelle parole, nei modi… che l’ispirazione contribuisca alla formazione personale e che l’implementazione delle proprie doti contribuisca ad un’evoluzione individuale.

Biografia di Charles Bukowski

Charles Bukowski: 100 anni dalla nascita

Charles Bukowski: 100 anni dalla nascita

Per chi ha familiarità con l’opera di Bukowski, la biografia di Charles Bukowski ha il sapore di un déjà vu in cui il lettore scopre, di scena in scena, che l’autore non ha fatto altro che raccontare stralci di vita quotidiana. Perché Bukowski ha saputo, più di ogni altro, guardarsi nello specchio e trasformare in carta ogni suo vizio, dipendenza, torbido difetto.

La biografia di Charles Bukowski

La famiglia Bukowski lascia l’Europa sul finire degli anni novanta del secolo scorso, quando Leonard si trasferisce dalla Germania agli Stati Uniti in cerca di fortuna. Poco dopo conosce Emilie Krausse, una giovane emigrata di origini prussiane con cui si sposa e che lo rende padre di quattro figli. Uno di questi, Henry, torna in Germania per svolgere il servizio militare e proprio nella terra d’origine del padre conosce e si innamora di Katharina Fett. Il 16 agosto 1920 ad Andernach la coppia dà alla luce un bambino cui viene dato il nome di Heinrich Karl Bukowski. Sebbene sia tedesco di nascita, il piccolo Heinrich trascorre soltanto tre anni in Germania poiché la Prima Guerra Mondiale ha colpito troppo duramente l’economia tedesca ed il padre ha difficoltà a trovare un impiego stabile. Così anche questa nuova generazione Bukowski decide di emigrare verso gli Stati Uniti.
Si trasferiscono a Baltimora, la più grande tra le città del Maryland, per poi stabilirsi in un quartiere periferico di Los Angeles, in California, dove vive da tempo nonno Leonard. Heinrich è ormai un bambino di dieci anni che vive con difficoltà la sua condizione di migrante. I genitori hanno trasformato il suo nome in Henry Charles Jr, sperando che questo basti a renderlo un po’ più americano, ma le sue origini sono presto smascherate da un accento marcatamente tedesco e da un abbigliamento considerato inusuale negli Stati Uniti.

Più tardi Bukowski avrebbe rinnegato interamente il suo nome, preferendo farsi chiamare semplicemente Hank:

«Henry mi ha stancato perché i miei genitori mi chiamavano solo per fare qualche commissione o perché dovevano picchiarmi. Charles è ok solo sulla pagina scritta. Così dico alla gente di chiamarmi Hank. Il bravo vecchio Hank».

Le sofferenze dall’infanzia

Gli anni dell’infanzia sono, quindi, caratterizzati da un forte senso di solitudine e dalle prese in giro dei suoi coetanei con cui non riesce ad integrarsi. Neppure in casa la vita trascorre serena a causa dei frequenti episodi di violenza domestica. Il padre Henry ha, infatti, difficoltà a trovare un lavoro stabile e sfoga la sua frustrazione con i familiari.

«Venivamo da famiglie della Depressione, e non mangiavamo mai abbastanza, eppure eravamo diventati grandi e grossi, e forti. Nessuno di noi, credo, riceveva affetto e comprensione sufficienti dai genitori, ma non ne chiedevamo a nessuno. Eravamo ridicoli, ma la gente stava bene attenta a non riderci in faccia. Eravamo cresciuti troppo in fretta ed eravamo stanchi di essere bambini». [Panino al prosciutto]

E così, stanco di essere bambino, all’età di quattordici anni viene iniziato ai piaceri dell’alcol dall’amico William Mullinax: è il primo bicchiere di vino di una lunga carriera etilica.

Diplomatosi, intanto, nel liceo di Los Angeles inizia a frequentare l’università presso il L.A. City College dove segue corsi di giornalismo ed arte. Si tratta di uno dei periodi più controversi nella vita di Bukowski a causa del suo avvicinamento al German American Bund, movimento nazista attivo negli Stati Uniti proprio in quegli anni. Per sua stessa ammissione non si tratta però di un vero avvicinamento, piuttosto di un’ostentazione e di un atteggiamento esibizionistico non supportato da alcuna vera conoscenza politica:

«Distinguevo a fatica Hitler da Ercole e non poteva importarmene di meno. Era soltanto lo stare seduti a lezione e sentire tutte le prediche patriottiche su come dovremmo andar lì e fare del nostro meglio, mi vennero a noia. Decisi di diventare l’opposizione. Non mi prendevo il tempo neppure per informarmi su Adolf, semplicemente sputavo qualsiasi cosa che pensavo fosse malvagia o bestiale».

A riprova di ciò, in quegli stessi anni Bukowski si avvicina anche ad alcuni gruppi di estrema sinistra.

La biografia di Charles Bukowski negli anni di fuoco

Egli ha poco più di vent’anni quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale e dovrebbe svolgere il servizio di leva obbligatoria ma, quando non si presenta, viene arrestato dall’FBI ed è costretto a trascorrere diciassette giorni in prigione con l’accusa di renitenza alla leva.  Ironia della sorte, pochi giorni dopo, Bukowski viene comunque dichiarato inadatto al servizio militare. In quello stesso anno, il 1944, la rivista Story accetta di pubblicare un suo romanzo intitolato “Aftermath of a Lengthy Rejection Slip”, ma l’esordio letterario non porta alcun successo. Bukowski si scoraggia subito e, dopo aver pubblicato il racconto “20 Tanks From Kasseldown”, decide di abbandonare la carriera letteraria.
Egli stesso descrive il periodo che segue come uno spreco, una “sbronza di dieci anni” durante la quale – non avendo un vero lavoro – si sposta di Stato in Stato conducendo una vita da vagabondo tra misere pensioni ed immonde osterie.
Tornato a Los Angeles viene assunto come postino in un ufficio postale locale, ma il lavoro da dipendente mal si adatta al suo carattere e dopo appena tre anni Bukowski decide di licenziarsi.

«Senti, tesoro, mi dispiace, ma non so se ti rendi conto che questo lavoro mi manda ai matti. Senti, lasciamo perdere, eh? Facciamo come prima, eh? Niente lavoro, l’amore tutto il giorno, qualche passeggiata, chiacchieriamo un po’. Ridiamo. Questa vita è monotona, come quella di tutti gli altri: ci sta uccidendo», farà dire al suo alter ego in “Post Office”. «Qualunque stronzo è capace di trovarsi uno straccio di lavoro; invece ci vuole cervello per cavarsela senza lavorare. Qui la chiamiamo l’arte di arrangiarsi. E io voglio diventare maestro in quest’arte».

Precarietà della salute ed epifania letteraria

Il continuo abuso di alcol, intanto, gli procura un’ulcera perforante che lo costringe, nel 1955, ad un ricovero in ospedale dove rischia di morire. La guarigione coincide con una nuova epifania letteraria e Bukowski si dedica alla stesura di numerose poesie, molte delle quali vengono pubblicate dalla rivista Harlequin diretta da Barbara Frye, una poetessa del Texas. In un eccesso di “ordinaria follia” bukowskiana, lo scrittore decide di sposare la donna nel 1957, nonostante i due non si siano mai incontrati. Appena due anni dopo, il matrimonio sfocia in un inevitabile divorzio.
La biografia di Charles Bukowski è però segnata da un unico grande amore che è Jane Cooney Baker con cui lo scrittore inizia una tumultuosa relazione sentimentale. La donna soffre, però, di crisi maniaco-compulsive e di una forte dipendenza dall’alcol e la sua vita sregolata si spegne prematuramente nel 1962, lasciando una profonda ferita nell’animo del poeta.
Solo grazie a Jane l’amore descritto nelle poesie di Bukowski diventa un faro che fende la nebbia e, con la morte della sua musa ispiratrice, questo sentimento torna ad essere un cane che sorveglia i cancelli delle discariche di rottami dell’inferno.
Nel 1960 Bukowski viene riassunto dall’ufficio postale di Los Angeles dove lavora come archivista per più di dieci anni pur continuando la sua attività di poeta e scrittore.

«Tornai a sedermi. Undici anni! E non avevo in tasca un soldo in più di quando avevo cominciato. Le notti erano state lunghe, ma gli anni erano passati in fretta. Forse era il turno di notte. Oppure quel fare sempre e sempre e sempre le stesse cose. Qui non c’erano sorprese».

Una nuova fase

Intanto, dall’unione occasionale con Frances Smith nel 1964 nasce l’unica figlia dello scrittore, Marina Louise.
Dopo aver pubblicato a puntate su un giornale di Los Angeles il suo “Taccuino di un vecchio porco”, Bukowski fonda senza successo una sua rivista letteraria. Nel 1969 inizia, però, una nuova fase della vita dell’artista che, pur consapevole delle difficoltà economiche cui va incontro, decide di lasciare nuovamente il lavoro alle poste per giocare a fare lo scrittore e morire di fame”. Accetta così la proposta di un editore della Black Sparrow che, per 100 miseri dollari a settimana, si accaparra ogni futura opera dell’artista. Pochi mesi dopo esce “Post Office” il romanzo autobiografico con cui Bukowski dà vita al suo alter ego, Henry Chinaski. Tutta la sua vita diventa un vaso da cui attingere per trarre spunto e ispirazione.

Gli ultimi atti della biografia di Charles Bukowski

Dopo una serie di relazioni occasionali, nel 1976 lo scrittore incontra Linda Lee Beighle (la Sara descritta in alcuni suoi romanzi). La donna possiede un ristorante di cibo salutare ed aiuta lo scrittore a condurre una vita più sana, cercando di tenerlo lontano dal vino. I due vivono insieme a San Pedro, quartiere a sud di Los Angeles e, nonostante le numerose rotture, la relazione dura per più di due anni e nel 1985 la coppia viene unita in matrimonio da un mistico canadese.
Poco dopo lo scrittore completa la stesura di “Pulp”, romanzo testamento con cui Bukowski si prende gioco di una morte che sente avvicinarsi. Il 9 marzo 1994 “Pulp” non è ancora stato dato alle stampe, ma lo scrittore muore a causa di una leucemia fulminante.
Sulla sua lapide un motto, un invito per ogni aspirante futuro scrittore “Don’t try”, non provare.

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