La scelta del nome “Artgender” deriva dalla considerazione per cui esso non debba essere usato solamente come il brand che identifica una particolare società che opera nei settori dell’eventistica, dell’editoria e della comunicazione; per noi l’Artgender rappresenta una vera e propria tipologia di essere umano ovvero chi lo è più profondamente.

Non esclude nessuno ma rinomina una categoria, composta da gente molto diversa al proprio interno… di qualunque credo, origine e direzione; ma, accomunata da un unico fattore: quello artistico. Chiunque può essere o sentirsi un artista fin tanto che si preoccupa di produrre o semplicemente accostarsi ad una qualsiasi forma di espressione.

Questa parola, il nostro nome, identifica chi crede che la bellezza sia necessaria, nelle cose, nelle persone, nei pensieri, nelle parole, nei modi… che l’ispirazione contribuisca alla formazione personale e che l’implementazione delle proprie doti contribuisca ad un’evoluzione individuale.

Il malinconico Modigliani

MODIGLIANI artista indipendente consapevole della propria unicità

MODIGLIANI artista indipendente consapevole della propria unicità

Nel luglio 1884 Eugénie Garsin è pronta a dare alla luce il suo quarto figlio, nello stesso periodo in cui il marito Flaminio Modigliani è costretto a dichiarare il fallimento dell’attività commerciale che garantisce loro una vita agiata nella città di Livorno. Il 12 luglio gli ufficiali bussano alla porta del civico 33 di via Roma per eseguire il pignoramento, ma Flaminio ricorda un’antica legge che proibisce la requisizione di ogni bene che si trovi sul letto di una partoriente ed è per questo che Amedeo Clemente, il malinconico Modigliani, viene al mondo circondato dagli ultimi beni preziosi della sua famiglia.

La crescita di Modigliani

Il piccolo Dedo è affidato alle cure del nonno materno Isaac che passeggia spesso con il nipote per le vie di Livorno, portandolo per la prima volta a visitare un museo.

Amedeo ha solo dieci anni quando Isaac Garsin muore e la perdita dell’amato nonno rende il bambino malinconico, quasi apatico: studia, supera gli esami scolastici ma non ottiene risultati brillanti e, per sollevare il suo umore, la madre decide di accontentare il suo grande desiderio di studiare disegno.

Grazie all’aiuto economico dello zio materno, Amedeo può prendere lezioni nell’atelier di Guglielmo Michelin, rinunciando ai corsi scolastici per favorire questa sua passione.

L’infanzia e l’adolescenza di Modigliani sono però scosse da continue malattie. Ha la febbre alta, soffre di allucinazioni e di lunghi periodi di convalescenza trascorsi leggendo Dante e Petrarca, ma anche D’Annunzio e Nietzsche. I medici capiscono ben presto che i sintomi riconducono ad una malattia cronica: tubercolosi.

Il malinconico Modigliani e la buona fuga da Livorno

Eugenia decide, quindi, di portare il figlio in giro per l’Italia, per allontanarlo dalle cattive compagnie livornesi e per garantirgli un lungo periodo di convalescenza. I due si recano a Napoli, a Roma, a Firenze ed infine a Venezia. Ogni tappa è per il giovane Modigliani una scoperta artistica: visita il museo nazionale di Napoli, la Galleria Borghese, il Vaticano, ammira la Cappella Sistina, gli Uffizi. Si accorge di quanto piccola e artisticamente “povera” sia Livorno e, finito il viaggio, ottiene il permesso materno per trasferirsi a Firenze dove si iscrive alla Scuola Libera di Nudo.

Si cimenta brevemente nella scultura, recandosi a Carrara, ma l’attività del marmo si rivela troppo faticosa per il suo stato di salute così cagionevole.

Intanto fa amicizia con il pittore cileno Manuel Ortiz De Zarate e rimane affascinato dai suoi racconti su Parigi e gli Impressionisti.

La curiosità, gli studi 

Si tratta del primo seme di curiosità che fa nascere in Modigliani il desiderio di visitare la capitale francese. La madre insiste però affinché il figlio finisca gli studi in Italia e, nel 1903, Modigliani si trasferisce a Venezia dove prosegue i suoi corsi presso l’Istituto di Belle Arti. Frequenta poco, a dire il vero, preferendo trascorrere il tempo nei bar e nei locali in cui può discutere con altri artisti e progettare il tanto desiderato trasferimento a Parigi.

Il sogno sembra andare in frantumi nel 1905 con la morte dello zio Amedeo che, fino a quel momento, si era preso carico di ogni spesa del nipote. La madre Eugenia, tuttavia, dona al figlio una piccola somma di denaro con cui Modigliani può iniziare il suo soggiorno parigino.

Il malinconico Modigliani e Parigi

Parigi lo travolge non solo artisticamente ma anche stilisticamente. Inizia a frequentare la famosa osteria “Da Rosalie” a Montparnasse e a vestirsi da vero artista del tempo. Abbandonato ogni senso di insoddisfazione sente di aver trovato finalmente il suo posto nel mondo.

Purtroppo i soldi che aveva portato con sé finiscono, Modigliani riesce ad esporre tre dipinti nella “Art Gallery” della poetessa Laura Wylda, ma le opere restano invendute e l’artista ha un disperato bisogno di guadagnarsi da vivere.

Modigliani e la diversità artistica

Pur ammirando Cézanne e Picasso, l’artista si rende presto conto di essere diverso da ogni altro artista. Questa presa di coscienza lo rende insicuro ed è probabilmente la causa dell’inizio del suo abuso di alcool e droghe.

È, invece, positivo l’incontro con il dottor Paul Alexandre che diventa suo mecenate, convincendolo ad iscriversi alla Societé des Artistes Indépendants e ad esporre nel loro salone in un periodo artisticamente diviso tra il Cubismo di Picasso e il Fauvismo di Matisse. Ma il malinconico Modigliani è diverso, non vuole inserirsi in una corrente definita e rifiuta l’invito a far parte dei Futuristi. Lascia Montmartre dove continua a recarsi per bere e conversare e si stabilisce a Montparnasse dove dorme da amici, all’Hotel du Poirier e persino nella sala d’aspetto di una stazione.

Tornato brevemente in Italia, continua a dipingere ritratti e, nel 1910, sceglie come sua musa Bice Boralevi, giovane ragazza dotata di un collo lungo e flessuoso destinato a diventare famoso quanto Modigliani stesso.

Di nuovo a Parigi, riprende ad esporre al Salon del indépendants ma la stampa lo ignora e soltanto Paul Alexandre sembra apprezzare le sue opere al punto di acquistarle.

Il malinconico Modigliani e la frustrazione

Egli è spesso protagonista di risse ed aggressioni, non sono poche le notti trascorse in prigione e ben presto non è più in grado di mantenere lo studio che ha in affitto ed è costretto ad abbandonarlo.

Si tratta certamente del periodo più frustrante e improduttivo per Modigliani, tormentato dal continuo abuso di droghe ed alcool e dalle numerose donne che frequentano la sua camera da letto.

Nel 1913 Modigliani si accorda per alcuni mesi con Chèron, mercante d’arte che gli fornisce il materiale per dipingere, una paga giornaliera e da bere e l’anno seguente l’intellettuale Paul Guillaume si interessa alla sua arte al punto di affittare per lui uno studio in Rue Ravignan.

Lo scoppio del primo conflitto mondiale, tuttavia, fa sì che molti bar vengano chiusi e numerosi artisti partano per il fronte. Modigliani non è tra questi, a causa delle sue precarie condizioni di salute, e si trasferisce a casa della poetessa inglese Béatrice Hastings che diviene sua modella ed amante. La donna non accetta però lo stile di vita dissoluto dell’artista, i due litigano spesso, i tradimenti sono frequenti e la relazione si conclude ben presto.

Nel 1917 Modigliani incontra Jeanne Hèbuterne, studentessa dell’Académie di cui si innamora perdutamente. La diciannovenne, nonostante il parere contrario della famiglia, inizia a convivere con l’artista diventando la sua musa ed amandolo profondamente, ma neppure la relazione intensa tra i due riesce ad allontanare Modigliani da alcool e hashish. Nell’estate del 1918 la coppia si trasferisce a Nizza dove il 29 novembre nasce una bambina: Jeanne.

Il malinconico Modigliani si reca in strada per festeggiare il lieto evento, beve, fuma, perde conoscenza e si dimentica di riconoscere ufficialmente la bambina che acquisirà il cognome Modigliani soltanto anni dopo, grazie all’adozione da parte della zia paterna Margherita.

Gli ultimi attimi di “Modi”

Nel 1919 la coppia torna a Montparnasse dove Modigliani può lavorare in un atelier fornito da Leopold Zborowki e dove Jeanne scopre di essere nuovamente incinta.

Ma le condizioni di salute di Modigliani sono gravissime anche a causa del suo rifiuto di consultare un medico. Quando il 22 gennaio viene portato all’Hopital de la Charitè egli è ormai in stato di incoscienza ed il 24 gennaio una meningite tubercolare lo uccide.

Jeanne è al nono mese di gravidanza ed ha appena ventidue anni. Saluta disperata per l’ultima volta il suo amato Modì, si reca in casa dei genitori per trascorrere la notte, dà un bacio alla sua piccola Jeanne e si lancia dal quinto piano dell’edificio morendo sul colpo.

Solo nel 1930 la famiglia della donna accetterà di spostare i suoi resti nel cimitero parigino di Père Lachaise dove ancora oggi i due amanti riposano insieme al loro figlio mai nato. Sulla loro lapide una semplice iscrizione in italiano: Amedeo Modigliani, morte lo colse quando giunse alla gloria e Jeanne Hèbuterne, compagna devota fino all’estremo sacrifizio.

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