La scelta del nome “Artgender” deriva dalla considerazione per cui esso non debba essere usato solamente come il brand che identifica una particolare società che opera nei settori dell’eventistica, dell’editoria e della comunicazione; per noi l’Artgender rappresenta una vera e propria tipologia di essere umano ovvero chi lo è più profondamente.

Non esclude nessuno ma rinomina una categoria, composta da gente molto diversa al proprio interno… di qualunque credo, origine e direzione; ma, accomunata da un unico fattore: quello artistico. Chiunque può essere o sentirsi un artista fin tanto che si preoccupa di produrre o semplicemente accostarsi ad una qualsiasi forma di espressione.

Questa parola, il nostro nome, identifica chi crede che la bellezza sia necessaria, nelle cose, nelle persone, nei pensieri, nelle parole, nei modi… che l’ispirazione contribuisca alla formazione personale e che l’implementazione delle proprie doti contribuisca ad un’evoluzione individuale.

Giotto, uomo di leggendaria fama

Giotto, talento leggendario e fama sconfinata

Giotto, talento leggendario e fama sconfinata

Giotto, uomo di legendaria famaBenché non vi siano dati storicamente certi, è molto probabile che Giotto, uomo di leggendaria fama, sia nato nel 1267 in un piccolo paesino chiamato Vicchio, situato sul colle Vespignano nel Mugello, a pochi chilometri da Firenze.

Le origini di Giotto, uomo di leggendaria fama

Il nome sembrerebbe essere un’abbreviazione di Angiolotto, o forse Ambrogiotto, entrambi molto comuni in quel periodo storico, mentre il termine “da Bondone” con cui egli è universalmente conosciuto non rappresenta un cognome, ma il patronimico derivante dal nome del padre, Bondone di Angiolino, un contadino e piccolo proprietario terriero della zona.

Nonostante nessuna fonte storica fornisca informazioni sull’infanzia dell’artista, lo storico Giorgio Vasari ci racconta dell’incontro tra Giotto ed il grande pittore Cimabue. Quest’ultimo si sarebbe imbattuto nel ragazzino mentre, durante un momento di pausa dal lavoro nei campi, si dilettava a disegnare alcune pecore e, intuendo le potenzialità del giovane, avrebbe convinto la famiglia ad affidarglielo come discepolo presso la sua bottega.

Tanti sono gli aneddoti e le leggende che circolano attorno al rapporto tra Cimabue ed il suo talentuoso discepolo. Sempre il Vasari racconta che Giotto fosse capace di disegnare una circonferenza perfetta senza bisogno del compasso e molti altri storici hanno citato il leggendario scherzo della mosca disegnata dal ragazzo su una tavola e tanto realistica da ingannare persino Cimabue che avrebbe cercato di schiacciarla.

Di certo c’è solo che il talento di Giotto, uomo di leggendaria fama, crebbe a tal punto da oscurare, ben presto, il suo stesso maestro come afferma persino Dante in un passo del Purgatorio:

Credette Cimabue ne la pittura

tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,

sì che la fama di colui è scura”

[Divina Commedia – Purgatorio, canto XI – Dante Alighieri]

Giotto a Firenze

La famiglia di Giotto si trasferì, in seguito, a Firenze come risulta da alcuni documenti che attestano la loro registrazione presso la parrocchia di Santa Maria Novella dove, tra il 1290 ed il 1295, il pittore realizzò la celebre “Croce dipinta”.

Intorno al 1287, dopo aver visitato Roma per motivi di studio, Giotto si sposò con Ciuta (probabilmente abbreviazione del nome “Ricevuta”) di Lapo del Pela che lo rese padre di molti figli. Anche in merito a questa notizia le cronache dell’epoca non sono concordi tra chi attribuisce alla coppia ben otto figli (quattro maschi ed altrettante femmine) e chi ne nomina soltanto cinque. Sicuramente Giotto ebbe un figlio maschio chiamato Francesco e divenuto pittore, e molte figlie date in moglie ad abitanti del Mugello, segno del forte legame tra Giotto e la sua terra d’origine.

Alcuni documenti storici rendono plausibile un momentaneo soggiorno ad Assisi dell’artista, oltre che alcuni suoi ulteriori viaggi a Roma per motivi di lavoro. Sappiamo, infatti, che Giotto si occupò dei lavori all’interno della Basilica di san Giovanni in Laterano e di molte altre decorazioni ordinate da Papa Bonifacio VIII, in occasione del Giubileo del 1300.

Giotto, uomo di leggendaria fama ormai fiorita

Divenuto ormai maturo dal punto di vista artistico, Giotto iniziò a circondarsi di giovani e, già intorno al 1290, si ha traccia di una sua bottega dove iniziava la progettazione di numerose opere, lasciando ai suoi numerosi discepoli il compito di completarle.

La fama dell’artista oltrepassava ormai i confini toscani e, intorno al 1303 l’artista si recò a Padova dove un ricco banchiere, Enrico Scrovegni, gli aveva commissionato la realizzazione di un affresco per la sua cappella privata. Alcuni documenti indicano che la cappella venne consacrata il 25 marzo 1303 ed è molto probabile che Giotto iniziò il suo capolavoro proprio quella primavera.

Nonostante molte delle opere realizzate da Giotto durante il suo soggiorno al Nord siano andate perdute, il suo stile pittorico ebbe grande influenza sugli artisti dell’epoca.

Il 1309 è, invece, una data fondamentale per i biografi del pittore poiché, per la prima volta, un documento ufficiale cita esplicitamente il nome dell’artista attestando la restituzione di un prestito ad opera di Giotto e di un certo Palmierino di Guido.

Nel 1312, dopo un ulteriore soggiorno ad Assisi, il pittore tornò a Firenze dove si iscrisse all’ “Arte dei Medici e Speziali”, corporazione di cui fece parte anche Dante Alighieri e che, per la prima volta, accoglieva anche i pittori.

Secondo il Vasari Giotto si sarebbe trasferito a Roma nel 1313 ed avrebbe soggiornato nella capitale per ben sei anni. Benché sia certa la sua attività romana, di cui ancora oggi resta traccia, è molto probabile che la durata del soggiorno sia stata in realtà più breve, tenuto conto delle numerose opere dell’artista a Firenze.

Basti ricordare che – secondo lo scultore e storico dell’arte Lorenzo Ghiberti – nel 1318 Giotto avrebbe iniziato a dipingere ben quattro cappelle familiari nella chiesa dei francescani di Santa Croce a Firenze ed ancora oggi ne possiamo ammirare due: quella dei Bardi e quella dei Peruzzi.

Inoltre lavorò anche a Napoli, presso la corte del re Roberto d’Angiò, ottenendo ingenti somme di denaro.

Gli ultimi anni di Giotto

Durante l’ultimo periodo artistico Giotto si occupò anche di architettura ed il 12 aprile 1334, a Firenze, venne nominato “magister et gubernator” (“Capomaestro dell’Opera”) di Santa Reparata, cantiere situato in piazza del Duomo, e soprintendente alle opere del Comune di Firenze, ricevendo un compenso annuo di cento fiorini.

Delle sue finanze e dei possedimenti agricoli si occupava il figlio Francesco, soprattutto nei momenti d’assenza del padre.

Il 18 luglio di quello stesso anno iniziarono, così, i lavori al campanile del Duomo oggi noto, appunto, come “campanile di Giotto” ed uno dei principali simboli del capoluogo toscano.

Dopo un ultimo viaggio nel nord Italia ed un soggiorno a Milano, ospite della famiglia Visconti, Giotto torna a Firenze per realizzare la sua ultima opera, la cappella del Podestà nel Palazzo del Bargello, all’interno della quale troviamo il più antico ritratto di Dante Alighieri.

Al momento della morte, avvenuta probabilmente l’8 gennaio 1337, Giotto, uomo di leggendaria fama ormai stanco aveva circa settant’anni.

Il Comune di Firenze si occupò di tutte le spese necessarie per la cerimonia e l’artista venne sepolto proprio presso quella Santa Reparata di cui era stato “magister” in vita.

Oggi è, invece, possibile rendere omaggio al grande pittore visitando la basilica di Santa Croce dove egli riposa in buona compagnia tra Leon Battista Alberti, Michelangelo Buonarroti, Foscolo, Galilei e innumerevoli altri artisti che hanno reso gloria all’Italia.

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