

Federico Fellini: una vocazione per la settima arte
Federico Fellini: una vocazione per la settima arte
Fellini maestro del cinema e gli studi
Proprio a Rimini Federico Fellini frequenta il liceo classico Giulio Cesare, ma non è uno studente particolarmente dedito allo studio, probabilmente a causa del suo innato interesse per la settima arte. Di nascosto dai genitori egli inizia, infatti, a trascorrere le sue giornate all’interno dei cinema di Rimini.
Sin dall’adolescenza, sviluppa notevoli abilità come disegnatore di fumetti e caricature, tanto che il gestore del cinema Fulgor gli commissiona alcuni ritratti di attori famosi da esporre all’ingresso del suo stabile. Federico collabora, inoltre, per alcuni giornali disegnando vignette per “La Domenica del Corriere” all’interno della rubrica “Cartoline dal pubblico” e per il settimanale satirico fiorentino “Il 420”.
Nel 1937, insieme al pittore Demos, fonda “La bottega Febo” all’interno della quale i due artisti realizzano caricature per i turisti e per le tante persone che villeggiano a Rimini.
L’arrivo a Roma
Finito il liceo, Fellini si trasferisce a Roma dove si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza. Il suo vero scopo, tuttavia, è quello di iniziare la carriera da giornalista. Il suo esordio da scrittore è per la rivista “Marc’Aurelio” che gli commissiona non solo disegni satirici, ma anche alcune rubriche come le “Storielle di Federico”.
Inizia, intanto, a frequentare il mondo dello spettacolo e della radio e fa la conoscenza di alcuni personaggi illustri del tempo come Aldo Fabrizi. A partire dal 1942 riceve le prime proposte da sceneggiatore realizzando numerosi copioni e gag e collaborando alla stesura di alcuni film come “Quarta pagina”, “Avanti c’è posto” e “Campo de’ Fiori”.
L’anno successivo negli studi radiofonici dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche e futura Rai) conosce l’attrice Giulietta Masina, protagonista della serie radiofonica “Cico e Pallina”, ideata proprio da Fellini.
È un colpo di fulmine a metà visto che Giulietta descrive Fellini con queste parole: «Sembra un fachiro, somiglia a Gandhi. È tutt’occhi, occhi profondi, inquieti, indagatori!».
Fellini maestro del cinema, invece, è stregato da quella studentessa di Lettere appena ventunenne tanto da dichiarare: «Il nostro primo incontro io non me lo ricordo, perché in realtà io sono nato il giorno in cui ho visto Giulietta per la prima volta! Vi è una parte di incantesimi, magie, visioni, trasparenze la cui chiave è Giulietta. Mi prende per mano e mi porta in zone dove da solo non sarei mai arrivato».
Ma la scintilla presto si infiamma e dopo pochi mesi la giovane presenta Fellini ai genitori.
Nel settembre 1943 l’Italia firma l’armistizio con gli Alleati, ma Fellini non risponde alla chiamata alla leva, preferendo convolare a nozze il 30 ottobre dello stesso anno. Per un breve periodo i due novelli sposi si trasferiscono nella casa di una zia milanese di Giulietta.
La perdita del figlio e l’ascesa artistica
Nel 1945 la vita privata di Fellini è scossa da un evento terribile: il 24 aprile muore il figlio Pier Federico, soprannominato Federichino, venuto al mondo appena un mese prima, il 22 marzo.
L’epifania artistica di Fellini avviene, invece, nel 1946 quando all’interno della bottega d’artisti “Funny face shop” egli conosce il regista Roberto Rossellini e collabora con quest’ultimo alla sceneggiatura di “Roma città aperta”. Sotto la regia di Rossellini, Fellini recita anche come attore nel film “L’amore” interpretando un vagabondo che seduce Anna Magnani.
L’esordio in regia
Il 1950 è, invece, l’anno dell’esordio alla regia con il film “Luci del Varietà”, diretto insieme ad Alberto Lattuada e, già in questo suo primo film, si evidenzia quello che sarà il principale filo conduttore delle sue opere cinematografiche: la decadenza del mondo dell’avanspettacolo.
La pellicola delude al botteghino ma Fellini non si demoralizza e, poco dopo, torna alla regia con il suo primo film da solista “Lo sceicco bianco” che vede Alberto Sordi tra i protagonisti.
L’opera segna la nascita di un nuovo genere di ispirazione neorealista: il realismo magico o fantarealismo, consacrato dalla celebre frase di Fellini “Il visionario è l’unico realista”.
La carriera da regista continua con il biografico “I vitelloni” che racconta la storia di un gruppo di amici di Rimini. Presentato alla Mostra del cinema di Venezia il 26 agosto del ‘53, il film conquista il Leone d’Argento e permette a Fellini di farsi conoscere anche oltreoceano.
Nel 1957, intanto, la prestigiosa “Academy” americana decide di introdurre l’Oscar al miglior film in lingua straniera.
A vincerlo è proprio Federico Fellini maestro del cinema con “La strada” che narra la tormentata storia d’amore tra Gelsomina e Zampanò, due artisti di strada che vivono nell’Italia del dopoguerra.
I protagonisti sono interpretati dalla moglie Giulietta Masina e Anthony Quinn e quest’ultimo, comprendendo lo spessore artistico dell’opera, decide di rinunciare all’ingente compenso solitamente percepito ad Hollywood. La realizzazione del film è, tuttavia, resa difficoltosa dall’umore di Fellini maestro del cinema, colpito dai primi sintomi della depressione.
L’anno dopo il regista regala all’Italia la seconda statuetta consecutiva, vincendo un altro Oscar con “Le notti di Cabiria” che vede protagonista ancora una volta l’amatissima moglie Giulietta.
La dolce vita di Fellini maestro del cinema
La vera rivoluzione avviene, però, nel 1960 con l’uscita del “La dolce vita” che rende immortale Anita Ekber e il suo “Marcello (Mastroianni) come here” nella storica scena del bagno nella Fontana di Trevi.
Il film, premiato con la Palma d’Oro a Cannes, scandalizza l’ambiente cattolico per la forte carica erotica e le tinte decadenti con cui Fellini descrive la società contemporanea. L’eccentricità ed unicità di questo suo nuovo genere cinematografico trovano la massima espressione in “8½”, opera che “quasi sfuggiva dalla mente” di Fellini e che, invece, lo porta a conquistare il terzo Oscar nel 1963. Stessa sorte spetta ad “Amarcord” che segna un ritorno alle origini per Fellini, un omaggio alla sua adolescenza e a Rimini, vera protagonista della sua quarta pellicola da Oscar.
Al suo fianco in tutti questi anni è rimasta la moglie Giulietta, musa ispiratrice, complice e partner più forte persino dei tanti tradimenti del suo Federico.
Come quello con la farmacista Anna Giovannini, detta “La Paciocca”, con cui il regista non aveva remore a farsi vedere in giro per alberghi e ristoranti e con cui ha una relazione a partire dal 1957.
Ma a far vacillare il matrimonio è soprattutto l’incontro avvenuto nel 1962 con Sandra Milo, presentatagli dall’amico Ennio Flaiano. L’attrice è sul punto di abbandonare la sua carriera quando Fellini la convince ad entrare a far parte del cast di 8½.
Tra i due la passione è travolgente: si baciano, si desiderano tra i camerini di Cinecittà e diventano amanti per ben diciassette anni.
“Quando lo vidi, alto, i capelli neri, occhi che ti frugavano dentro l’anima, rimasi stregata”.
Anche Fellini ha perso la testa ed è forse tentato di lasciare Giulietta. Le due attrici si incontrano persino sul set del film “Giulietta degli spiriti”, occasione per la Masina di dimostrare una classe innata, non facendo alcuna scenata.
Ma il cuore è più forte dell’amore carnale e Fellini, alla fine, non riesce a rinunciare alla sua Giulietta.
La ringrazia nel 1993, mentre riceve dalle mani di Sophia Loren e del suo amico Mastroianni, l’ambito Oscar alla carriera.
“In queste circostanze è facile essere generosi e ringraziare tante persone, ma non posso elencare ogni singolo nome. Lasciatemene dire soltanto uno. Quello di un’attrice che è anche mia moglie. Grazie, mia cara Giulietta, e per piacere smettila di piangere!”.
Ma in quello stesso anno Giulietta piange ancora e non sono, purtroppo, lacrime di gioia poiché il 31 ottobre Federico Fellini maestro del cinema muore improvvisamente, colpito da un infarto all’età di 73 anni.