

Ernest Hemingway personalità audace destinata alla scrittura
Ernest Hemingway personalità audace destinata alla scrittura
Il padre lo porta spesso con sé mentre si reca in visita ai pazienti della riserva indiana e queste passeggiate suscitano in Ernest un forte amore per la natura, ma anche un’immediata passione per la caccia e la pesca.
La madre Grace spera, invece, che il figlio si avvicini alla musica ed Ernest, forse per accontentarla, prova a suonare il violoncello senza però mai sviluppare una vera passione per lo strumento.
Ben diversa è, invece, l’abilità con cui all’età di soli dieci anni il giovane impara a maneggiare il suo primo fucile da caccia, un regalo che suscita l’invidia dei suoi compagni di classe con cui non va molto d’accordo.
La sua statura minuta lo rende una facile vittima e, quando un giorno viene circondato e picchiato da alcuni coetanei, Ernest decide di imparare la boxe. Lo scrittore stesso racconterà in seguito che i suoi problemi alla vista erano stati aggravati proprio da un colpo maldestro ricevuto durante un incontro di pugilato.
Con l’adolescenza, si avvicina al giornalismo diventando reporter del “The Trapeze”, il giornale del college e le storie che racconta sono talmente belle da esser selezionate dalla rivista letteraria della scuola. Al contrario, la sua pessima ortografia fa infuriare i redattori che provano a lamentarsene, ricevendo però da Hemingway una lapidaria risposta: “Beh, è per questo che sei stato assunto, per correggere!”.
Ottenuto il diploma, Ernest si trasferisce a Kansas City, lavorando come cronista per il “Kansas City Star” per quindici dollari a settimana. Ed è proprio all’interno del giornale e grazie agli insegnamenti del vice capocronista Peter Wellington che egli diviene un vero giornalista.
È il 1917, in Europa imperversa il primo conflitto mondiale ed anche gli Stati Uniti si preparano per entrare in guerra. Hemingway vede i suoi coetanei arruolarsi ed anche molti scrittori interrompono l’attività letteraria per rispondere alla chiamata alle armi.
Così Ernest si dimette dal Kansas City Star e si presenta a New York come volontario per combattere in Europa. Il 23 maggio 1918, dopo sole due settimane di addestramento, si imbarca sulla nave Chicago facente rotta verso Bordeaux.
I problemi di vista rendono impossibile un suo arruolamento nei reparti combattenti, così Hemingway entra a far parte dei servizi di autoambulanza della Croce Rossa americana.
Ernest non è però soddisfatto del suo ruolo di autista. Il suo spirito giornalistico lo rende impaziente ed egli vuole vedere da vicino il campo di battaglia e gli orrori della guerra.
Chiede, perciò di essere trasferito presso il confine tra Austria ed Italia, lungo la linea del Piave, dove gli viene assegnato il compito di distribuire generi di conforto. Proprio lì, la notte dell’8 luglio, un colpo di mortaio esplode colpendo la trincea in cui egli presta servizio.
Centinaia di schegge investono i soldati, ma in quel momento il diciottenne Hemingway ha davanti a sé un fante dell’esercito italiano con cui sta, forse, condividendo un pezzo di formaggio. Ed è così che Fedele Temperini, ventiquattrenne di Montalcino, salva inconsapevolmente la vita di Hemingway, facendogli da scudo umano.
Lo scrittore riesce a sopravvivere, seppur ferito ad un piede e ad una rotula, ma questo incontro così ravvicinato con la morte lo segna profondamente ed il ricordo lo ossessionerà per anni.
Intanto, trasportato in treno fino a Milano, Hemingway viene ricoverato per tre mesi in un ospedale della Croce Rossa americana e, durante la convalescenza, si innamora di Agnes von Kurowsky, un’infermiera statunitense d’origini tedesche. La donna dapprima sembra ricambiare l’interesse, ma successivamente sposerà un tenente italiano. Dieci anni dopo quell’infermiera sarebbe diventata Catherine Barkeley di Addio alle armi.
Ormai guarito e decorato con la medaglia d’argento al valor militare, il 21 gennaio 1919 Hemingway ritorna da eroe nella sua Oak Park, dove cerca di ritrovare nei boschi la quiete perduta.
Inizia a lavorare come reporter per il Toronto Star e scrive, intanto, numerose storie e racconti sperando di trovare qualcuno che voglia pubblicarli.
A Chicago conosce Hadley Richardson, una pianista che ha sette anni più di lui e che incontra subito il favore della madre Grace. Hemingway non vorrebbe rinunciare alla sua indipendenza ma, cedendo alle pressioni materne, il 5 settembre 1921 sposa Hadley ed i neo sposi iniziano a convivere grazie al fondo fiduciario della donna.
Hemingway non è soddisfatto, però, di questa vita modesta e pochi mesi dopo, su consiglio dei suoi amici letterati, parte per l’Europa stabilendosi nel Quartiere Latino di Parigi.
Con lo scoppio del conflitto tra Grecia e Turchia, Hemingway parte come inviato di guerra per il New York Sun e, nel 1922, il Toronto Star gli chiede di occuparsi della conferenza di pace di Losanna. Ernest chiede alla moglie Hadley di raggiungerlo e la donna, nel preparare i bagagli, racchiude in una valigia tutti i racconti, le poesie ed i disegni del marito. Quella valigia verrà rubata nella stazione ferroviaria di Gare de Lyon.
Hemingway reagisce malissimo alla perdita dei suoi scritti, un episodio che oggi fa quasi sorridere se si pensa che – in quegli stessi giorni – la scrittrice americana Gertrude Stein parlando proprio di Hemingway aveva citato il commento di un custode di garage (“Siete tutti parte di una generazione perduta”). Quando Ernest decide di apporre questa frase come epigrafe del suo primo romanzo Fiesta, il termine diviene il simbolo di quella “generazione perduta” di giovani scrittori americani di cui Hemingway è l’esponente principale.
Durante un soggiorno in Canada, Hadley dà alla luce il loro primogenito, John Hadley Nicanor, ma il matrimonio è già in crisi. Hemingway ha conosciuto, infatti, Pauline Pfeiffer che sposa con rito cattolico nel 1927. I due si trasferiscono nell’arcipelago delle Keys in Florida e presto Pauline lo rende padre per la seconda volta del figlio Patrick.
Nel 1928, intanto, lo scrittore viene raggiunto dalla notizia di una terribile perdita: il padre, a causa di grossi problemi finanziari, ha impugnato la sua Smith & Wesson e si è suicidato.
Lo scrittore reagisce male alla notizia della morte del padre e decide di tornare a Parigi dove vive una vita sregolata tra eccessi d’alcool ed incidenti in auto. Nel 1931 fa ritorno a Key West e poco dopo la famiglia si allarga con la nascita del figlio Gregory Hancock (conosciuto in tarda età con il nome di Gloria).
Due anni dopo, desideroso di sfuggire alla noiosa vita domestica, Hemingway si reca a L’Avana dove scopre la pesca dei marlin, attività che sarà protagonista della più famosa tra le sue opere, “Il vecchio e il mare”.
Intanto, grazie all’anticipo ricevuto dal giornale Esquire, acquista una barca d’altura, la famosa Pilar con cui giunge nel porto di L’Avana.
Si tratta di un periodo particolarmente attivo nell’attività letteraria di Hemingway la cui fama cresce incessantemente, di pari passo con la scrittura di nuovi racconti e romanzi.
Nel 1937 decide, invece, di riprendere la sua attività di inviato di guerra, accettando di raccontare la guerra civile spagnola appena scoppiata: quest’esperienza porterà alla nascita del romanzo “Per chi suona la campana” pubblicato nel 1940, lo stesso anno in cui Ernest divorzia da Pauline.
Di lì a poco si sarebbe risposato con la scrittrice Martha Gellhorn, con cui si stabilisce a Cuba, ma da cui divorzia nel 1944.
Lo scoppio della Seconda guerra mondiale riaccende l’animo eroico di Hemingway che mette la sua persona e la sua Pilar a disposizione dell’esercito americano.
Nel dopoguerra egli trascorre un breve periodo a Venezia, per poi fare ritorno a Cuba dove vive con la sua quarta ed ultima moglie, Mary Welsh, giornalista del Time.
Si dedica, intanto, alla scrittura di un racconto breve, un omaggio alla sua vita da pescatore e all’eterna lotta di ogni uomo sempre a caccia del proprio metaforico marlin: nel 1952 viene dato alle stampe “Il vecchio e il mare” con cui Hemingway l’anno successivo vince il prestigioso Premio Pulitzer.
L’opera è citata anche nelle motivazioni che portano, nel 1954, l’Accademia reale svedese ad assegnargli il premio Nobel per la letteratura “per il suo stile potente che ha formato la maestria dell’arte della narrazione moderna, come recentemente evidenziato in Il Vecchio e il mare”.
Purtroppo nel gennaio precedente Hemingway, durante un safari in Africa, era rimasto coinvolto nel terribile scontro tra due aerei in volo. Le gravi lesioni subite non gli permettono, perciò, di partecipare alla premiazione tenutasi a Stoccolma.
L’incidente riaccende, inoltre, nello scrittore i peggiori ricordi legati alla guerra ed alle troppe atrocità cui ha assistito. Nonostante la terapia shock con cui cercano di curare la sua depressione, gli ultimi anni della vita di Hemingway sono caratterizzati dalla più profonda tristezza e disperazione finché, la mattina del 2 luglio 1961, lo scrittore decide di compiere il più estremo dei gesti. Come l’amato padre prima di lui, impugna un fucile e senza esitazione si spara un unico, fatale colpo alla testa.