

Emily Dickinson, una vita in solitudine e la poesia più rappresentativa di sempre
Emily Dickinson, una vita in solitudine e la poesia più rappresentativa di sempre
L’educazione di Emily Dickinson, la riservata poetessa
Secondogenita di Edward, avvocato molto in vista, ed Emily Norcross, ricevette un’educazione piuttosto libera e completa nonostante in quell’epoca le figlie femmine venissero avviate di solito ad una formazione rivolta solo alla cura della casa, dei figli e delle tradizioni.
Seguì studi piuttosto irregolari ed il suo carattere schivo le impedì di costruire legami di amicizia duraturi.
Negli anni tra il 1800 e il 1840, negli Stati Uniti d’America prese forma un movimento religioso protestante a cui aderirono le congregazioni Battista e Metodista e che era caratterizzato da un grande entusiasmo per il soprannaturale con conseguente repulsione per il razionalismo e l’illuminismo. Questo movimento denominato “Secondo risveglio”, arruolò milioni di nuovi membri e decretò la moda di professare pubblicamente la propria religione cristiana attraverso i cosiddetti “Revival Religiosi”.
Proprio durante gli anni delle scuole superiori Emily decise, di sua spontanea volontà, di non professarsi pubblicamente cristiana secondo il revival religioso e perciò il padre la ritirò dal collegio femminile in cui stava studiando.
Continuò i suoi studi da autodidatta e, prima di dedicarsi alla poesia, trascorse molto tempo scrivendo lettere.
Il viaggio di Emily
Nel 1855 compì un viaggio a Washington dove conobbe il reverendo Charles Wadsworth, del quale si innamorò non corrisposta ed al quale dedicò molti suoi componimenti.
Dopo i venticinque anni si ritirò a vita solitaria e cominciò a dedicarsi con passione alla poesia che ella vedeva, grazie anche alle teorie del filosofo trascendentalista Emerson, come un cammino di crescita spirituale verso la più profonda conoscenza di sé, quindi per meglio penetrare il senso della vita.
Emily volle estraniarsi dal mondo e si rinchiuse nella propria camera, anche a causa di alcuni disturbi nervosi e di una fastidiosa malattia agli occhi.
I motivi che la indussero a vivere una sorta di volontaria clausura per circa trent’anni non sono mai stati chiariti: probabilmente la constatazione della generale impossibilità di stabilire un rapporto soddisfacente fra sé e il mondo e quindi la decisione di perseguire nella solitudine la sua missione poetica.
Visse chiusa nella stanza sempre vestita di bianco, una vita intervallata da qualche visita e scandita dalle lettere che scambiava con pochi amici.
Importante il carteggio con il giornalista e critico dell’Atlantic Monthly, Wentworth Higginson, a cui nel 1862, si rivolse per avere un giudizio sulle sue poesie.
Higginson, pur apprezzandole, né sconsigliò la pubblicazione, cosicché tutta l’opera poetica della scrittrice, con l’eccezione di sette componimenti pubblicati precedentemente, rimase inedita fino alla sua morte.
Emily Dickinson, la riservata poetessa, morì di nefrite il 15 Maggio del 1886 all’età di 55 anni.
Dickinson, la riservata poetessa: la sua poesia
Nel 1955 Thomas H. Johnson cura la prima edizione in tre volumi delle 1775 poesie di Emily Dickinson in ordine cronologico e nella loro forma originale.
Il suo stile è caratterizzato da componimenti poetici brevi e quasi del tutto privi di punteggiatura, dall’uso di lettere maiuscole volte ad enfatizzare alcune parole e dall’utilizzo di trattini per spezzare le frasi e simulare il ritmo del respiro.
I temi da lei trattati riguardano l’amore, la natura, la fugacità della vita e la dolorosa certezza della morte.
Quest’ultima viene mitigata dalla speranza dell’immortalità che consentirà ad ognuno di noi di ricongiungersi con le persone amate.
La poetessa americana che in vita non ebbe praticamente alcun riconoscimento, è oggi considerata una delle più rappresentative e sensibili di tutti i tempi nonché una vera anticipatrice della poesia novecentesca.