La scelta del nome “Artgender” deriva dalla considerazione per cui esso non debba essere usato solamente come il brand che identifica una particolare società che opera nei settori dell’eventistica, dell’editoria e della comunicazione; per noi l’Artgender rappresenta una vera e propria tipologia di essere umano ovvero chi lo è più profondamente.

Non esclude nessuno ma rinomina una categoria, composta da gente molto diversa al proprio interno… di qualunque credo, origine e direzione; ma, accomunata da un unico fattore: quello artistico. Chiunque può essere o sentirsi un artista fin tanto che si preoccupa di produrre o semplicemente accostarsi ad una qualsiasi forma di espressione.

Questa parola, il nostro nome, identifica chi crede che la bellezza sia necessaria, nelle cose, nelle persone, nei pensieri, nelle parole, nei modi… che l’ispirazione contribuisca alla formazione personale e che l’implementazione delle proprie doti contribuisca ad un’evoluzione individuale.

Dostoevskij sofferente e viziato

Fëdor Dostoevskij tra vizi, sofferenze, condanne e fughe: la ricerca della felicità nel dolore

Fëdor Dostoevskij tra vizi, sofferenze, condanne e fughe: la ricerca della felicità nel dolore

Sofferente e viziato Fëdor Dostoevskij Il 30 ottobre 1821, a Mosca, Marija Fëdorovna Nečaeva dà alla luce il suo secondo figlio, cui viene dato il nome di Fëdor Michajlovič, noto come Dostoevskij, sofferente e viziato personaggio, ed il cui battesimo avviene all’interno della fortezza di Pietro e Paolo secondo il rito ortodosso.

Le origini

La donna proviene da una famiglia di mercanti, mentre il marito Michail Andreevič lavora presso il Marinskaja Bol’nica, un ospedale dei poveri situato in uno dei quartieri più poveri della città. Ed è proprio lì che Fëdor Dostoevskij trascorre i primi anni della sua vita finché nel 1831 il padre decide di lasciare Mosca per trasferirsi nella tenuta che ha appena acquistato a Daravoe, in provincia di Tula.

Solo tre anni dopo, all’età di tredici anni, Fëdor torna a Mosca con il fratello maggiore Michail per completare gli studi presso il convitto Čermak ma nel febbraio del 1834 ai giovani viene comunicata una tragica notizia: la morte della madre che, dopo aver messo al mondo ben sette figli, si era gravemente ammalata di tisi. L’evento provoca lo sgretolamento della famiglia Dostoevskij di cui l’allegra e solare Marija era il collante.

Mentre il padre continua a vivere con le due figlie più grandi, i più piccoli vengono accolti nella casa di un parente materno che accetta di prendersene cura. Fëdor e Michail si trasferiscono, invece, a San Pietroburgo per seguire i corsi preparatori all’Istituto di Ingegneria dell’Accademia militare dove soltanto Fëdor viene ammesso nel 1838.

Non è, però, l’ingegneria la sua vera vocazione e, nell’intimità della sua stanza il giovane continua a leggere i grandi autori russi che sua madre gli aveva fatto conoscere, come Puškin e Karamzin, avvicinandosi però anche ai testi d Hugo e Scott.

Nel frattempo il padre Michail non riesce a superare il lutto, beve molto ed assume spesso atteggiamenti violenti nei confronti dei contadini della sua tenuta che, nel 1839, si ribellano assassinandolo. La notizia della morte del padre scuote a tal punto l’animo di Fëdor da provocargli un grave attacco di epilessia.

Il giovane ha, intanto, iniziato a trasferire su carta le sue emozioni e nel 1841, nel corso di una serata tra amici, intrattiene i convitati leggendo due suoi drammi purtroppo oggi dispersi: Maria Stuarda e Boris Godunov.

Dostoevskij, sofferente e viziato: la vita “vera”

Dopo aver finito gli studi ed aver ottenuto il grado di ufficiale, Fëdor inizia a lavorare come cartografo presso il ministero della Guerra a Pietroburgo, sperperando il misero stipendio che riceve dedicandosi al gioco d’azzardo.

Non interessato alla carriera militare, nel 1844 decide di congedarsi dal servizio per iniziare la stesura del suo primo racconto lungo, intitolato “Povera gente”. Proprio grazie a questo manoscritto e alle sue ottime traduzioni di Balzac, Fëdor viene accolto nei circoli culturali più esclusivi di San Pietroburgo e stringe amicizia con il famoso scrittore russo Turgenev.

Poco dopo inizia a dedicarsi al romanzo “Il sosia” che viene pubblicato nel 1846 all’interno di “Annali patrii”, una rivista letteraria cui si deve la pubblicazione di alcune opere dei più grandi autori russi del tempo.

Anche a San Pietroburgo si vivono le conseguenze della rivoluzione francese e, in generale, del clima di tensione che caratterizza l’Europa alla fine del XIX secolo e la polizia zarista non esita a perseguire e reprimere chiunque mostri un atteggiamento rivoluzionario. Ed è proprio con queste motivazioni che il 23 aprile 1849 Fëdor Dostoevskij viene arrestato e rinchiuso in quella stessa fortezza di Pietro e Paolo dove era stato battezzato ventotto anni prima.

Nel novembre dello stesso anno lo scrittore viene condannato a morte ed il 22 dicembre egli è condotto sul luogo dell’esecuzione. La sentenza di morte viene letta pubblicamente, lo zar decide di commutare la pena, condannando Dostoevskij e gli altri prigionieri ai lavori forzati ad Omsk, in Siberia. La vicenda segnerà profondamente la vita dello scrittore e sarà anche ripresa all’interno del romanzo “L’idiota”.

La Siberia

Il periodo siberiano è caratterizzato dai sempre più frequenti attacchi di epilessia e dal conforto che Dostoevskij trova nella lettura del Vangelo. Nel 1854 il giovane viene trasferito al confine, nella città di Semipalatinsk come soldato semplice e può finalmente riprendere i contatti con familiari ed amici.
Ad aiutarlo psicologicamente sono i libri che il fratello Michail invia clandestinamente, tra cui i romanzi di Dumas e le opere di Kant.

In quel periodo lo scrittore stringe amicizia con il barone Vrangel che, oltre a fornirgli un importante aiuto finanziario, intercede per suo conto in occasione della morte dello zar Nicola I nel 1855.

Poco dopo Fëdor si innamora di Marija Dmitrevna Isaeva, una vedova già madre del piccolo Pavel ed i due convoleranno a nozze nel 1857. L’anno successivo la coppia ottiene il permesso di trasferirsi a Tver e, poco dopo, lo scrittore può finalmente far ritorno a San Pietroburgo dove fonda, insieme al fratello Michail e a due critici letterari, la rivista “Il tempo”.

Fëdor Dostoevskij, sofferente e viziato e il Tempo

È proprio all’interno di questa rivista che compare per la prima volta il romanzo “Umiliati e offesi”.

Nel 1862 lo scrittore decide di intraprendere un viaggio di tre mesi all’estero, visitando Berlino, Dresda, Parigi, Londra, Ginevra e tre città italiane. Genova, Milano e Livorno. Il resoconto di questa esperienza in giro per l’Europa è contenuta all’interno del reportage “Note invernali su impressioni estive”, pubblicato l’anno successivo su “Il tempo”. Ed è proprio durante il viaggio che Dostoevskij conosce Apollinarija Suslova, con cui intrattiene una relazione amorosa.

Nel 1863 il collega Strachov, con cui Fedor aveva fondato la rivista, decide con poca prudenza di pubblicare un articolo sulla questione polacca ed il governo interviene prontamente, decidendo di censurare l’articolo e ordinando la chiusura immediata della rivista.

Dostoevskij decide, quindi, di rimettersi in viaggio e di raggiungere la sua amante a Parigi. Nel 1864 viene pubblicata la prima parte di “Memorie dal sottosuolo” ma Dostoevskij deve affrontare un duplice lutto. In aprile muore la moglie Marija e, poco dopo, una grave malattia priva Fëdor dell’amato fratello Michail. La notizia, devastante per il cuore, è anche la causa della successiva rovina finanziaria dello scrittore, travolto dai debiti lasciati dal fratello.

La vita stravolta

In quel periodo Dostoevskij inizia a frequentare la casa della scrittrice Anna Korvin-Krukovskaja, finché la donna non rifiuta la sua proposta di matrimonio.
Intanto, per cercare di saldare i crescenti debiti, stringe un accordo particolare con l’editore Stellovskij: lo scrittore cede tutti i diritti delle sue opere e promette di consegnare un nuovo romanzo entro novembre. In caso contrario, l’editore avrebbe avuto il diritto di pubblicare ogni opera futura di Dostoevskij senza dovergli corrispondere alcun onorario.

Ma, a differenza dell’editore, i creditori non sono disposti ad aspettare un anno e, non riuscendo a saldare i suoi debiti, Fëdor Dostoevskij, sofferente e viziato, decide di scappare in Europa dove, sempre più schiavo del gioco d’azzardo, perde tutto ciò che riesce ad ottenere in prestito da amici e parenti.

L’accordo con Stellovskij sta, intanto, per scadere. Dostoevskij è impegnato nella stesura della prima versione di Delitto e castigo (a quel tempo intitolato “Gli ubriachi”) e non trova il tempo per dedicarsi al romanzo promesso all’editore. Decide quindi, su consiglio di un amico, di assumere Anna Grigor’evna Snitkina, una dattilografa che lo aiuta nella stesura di una nuova opera.

Ed è così che il turbolento periodo parigino, vissuto tra i casinò d’Europa e le frequenti scenate di gelosia con la Suslova, diventa la base letteraria di un romanzo autobiografico, all’interno del quale ritroviamo Apollinarija nel personaggio di Polina.

Allo scoccare della mezzanotte del 31 ottobre 1866, ultimo giorno per adempiere alla sua parte dell’accordo, Dostoevskij consegna all’editore “Il giocatore” e, in quello stesso anno, dopo aver completato la stesura di “Delitto e Castigo”, lo scrittore decide di sposare la sua dattilografa.

Il viaggio in Europa con la “dattilografa”

I due partono per un viaggio di quattro anni in giro per l’Europa, ma Dostoevskij, sofferente e viziato a livelli sempre più alti non riesce ad allontanarsi dal tavolo da gioco, contraendo nuovi debiti. Nel 1868 Anna dà alla luce la loro primogenita Sonja, ma la bambina non supera i primi tre mesi di vita.

Il viaggio prosegue e, mentre la coppia si trova a Dresda, nel 1869 nasce una seconda bambina che viene chiamata Ljubov’.

Nel 1871 i Dostoevskij fanno ritorno a San Pietroburgo dove nasce il primo figlio maschio della coppia, cui viene dato lo stesso nome del padre: Fëdor.

In questo stesso periodo lo scrittore inizia a collaborare per il settimanale “Il cittadino”, riavvicinandosi ai temi rivoluzionari che avevano caratterizzato la sua gioventù. Le condizioni di salute di Dostoevskij, da sempre afflitto da crisi epilettiche, sono però molto fragili e, proprio per questo motivo, la famiglia decide di trascorrere i mesi estivi in una casa in affitto a Staraja Russa.

Intanto, nel 1875 nasce il secondo figlio maschio, Alekséj, che muore all’età di tre anni per un attacco di epilessia. Pochi anni dopo, Dostoevskij scopre di essere affetto da un grave enfisema polmonare.

Dostoevskij sofferente e viziato nella sua debolezza

Conoscerai un grande dolore e nel dolore sarai felice. Eccoti il mio insegnamento: nel dolore cerca la felicità”.

La sua ultima apparizione in pubblico avviene a Mosca, nel 1880, durante l’inaugurazione del monumento a Puškin, l’autore russo protagonista di tante letture giovanili del Dostoevskij.
Lo scrittore si spegne il 28 gennaio 1881 e viene sepolto a San Pietroburgo nel cimitero del convento di Aleksandr Nevskij.

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