

Camille Pissarro, da borghese rinnegato ad artista consacrato
Camille Pissarro, da borghese rinnegato ad artista consacrato
Gli anni della crescita
All’età di 11 anni, i genitori decidono di mandare il figlio in Francia, per garantirgli un’istruzione migliore, ma il veliero su cui Camille viaggia rimane fermo in mezzo all’Atlantico a causa dell’assenza di vento. I passeggeri, provati dalla carenza di cibo e soprattutto di acqua dolce, giungono in Francia dopo quasi un mese di viaggio.
Camille può così iniziare i suoi studi a Passy, un borgo nei pressi di Parigi, ma durante le lezioni è spesso distratto e sente la mancanza dell’isola natia. I suoi quaderni sono pieni di disegni di alberi di cocco e bananeti e questo suscita la collera del padre che ordina al suo istruttore di sequestrarli e di vietare ogni ulteriore distrazione. Fortunatamente, però, durante la confisca l’istruttore si rende conto delle precoci doti del giovane Camille e gli consente di continuare a disegnare durante le ore di riposo.
A diciassette anni Camille Pissarro, artista consacrato, fa finalmente ritorno nelle Antille e deve accantonare il sogno di diventare pittore poiché il padre lo avvia agli affari di famiglia, assegnandogli il compito di registrare i barili e le casse depositati dai marinai che giornalmente attraccano le loro navi.
Per cinque anni vede neri e mulatti trasportare oggetti lungo le banchine del porto e con rapidi schizzi li immortala nel suo quaderno di disegno.
Per un caso fortuito, il pittore Fritz Melbye si imbatte nel giovane Camille ed ammirandone il tratto e lo stile pittorico, decide di chiedergli di accompagnarlo nel suo viaggio in Venezuela.
Camille Pissarro, artista consacrato
Il padre Frederick capisce che i disegni del figlio non sono un semplice svago e finalmente accetta la decisione di Camille di provare a diventare un pittore professionista, consentendogli di tornare in Francia e, addirittura, fornendogli una retta mensile per mantenersi a Parigi e studiare all’Ecole des Beaux Arts e all’Académie Suisse dove l’artista conosce Monet.
Nel 1859 un suo quadro viene finalmente accettato al Salon ed i genitori di Camille decidono di seguirlo in Francia, trasferendosi a Parigi.
Incontra, così, Julie Vellay, domestica della madre, se ne innamora perdutamente e, nonostante il parere negativo dei genitori, i due iniziano a convivere.
La donna sarà al suo fianco per tutta la vita rendendolo padre di sette figli.
Un periodo di transizione
Con la morte del padre, avvenuta nel 1865, Camille si trova in ristrettezze economiche. La madre continua a fornire un aiuto finanziario, ma è malata ed il pittore è costretto a mantenersi con dei piccoli lavori commerciali.
Con lo scoppio della guerra franco-prussiana, la famiglia Pissarro si sposta dapprima a Montfoucault e successivamente si trasferisce in Inghilterra, dove sposa finalmente l’amata Julie.
Il pittore vive, però, con profondo disagio questo cambiamento tanto da dichiarare: “Non resterò a lungo qui, ed è solo all’estero che si sente quanto la Francia sia bella, grande ed ospitale. Qui si raccoglie solo disprezzo, indifferenza e persino villania!”.
Tornato in Francia, vive per una decina di anni a Pontoise, un piccolo villaggio sulle rive dell’Oise, dove ricomincia a dipingere con costanza.
Camille Pissarro, artista consacrato: gli anni floridi
Il 1874 è senza dubbio l’anno della svolta artistica di Pissarro poiché egli fonda, insieme ad altri pittori come Monet e Renoir, la “Società anonima cooperativa di artisti”, rinunciando di presentare le sue opere al Salon ufficiale dove sarebbero alla mercé di una giuria ch’egli non stima.
Il fotografo Nadar offre il proprio atelier in Boulevard del Capucines perché il gruppo possa esporre le proprie opere ed il 15 aprile 1874 viene inaugurata una prima mostra collettiva. Il giornalista Louis Leroy ironizza e si prende gioco del gruppo di artisti, definendo l’evento “La mostra degli impressionisti”.
A Camille ed i suoi amici l’appellativo sembra quasi un titolo di gloria ed è così che nasce un nuovo movimento artistico di cui Pissarro è il primo in ordine anagrafico.
Mentre sul piano artistico è in corso questa rivoluzione, la vita privata del pittore è, però, scossa dalla prematura morte della figlia Jeanne.
Nonostante continui ad esporre le sue opere, fondando persino una nuova società insieme all’amico Cézanne, l’artista vive un periodo di profonda miseria: la critica è impietosa verso gli Impressionisti e per Pissarro è difficile trovare un acquirente per i suoi quadri. Il pittore continua, però, a credere nella sua arte convinto che presto il suo talento verrà compreso ed apprezzato. Egli stesso riassume così la sua vita:
“da giovane non ho resistito e senza esitare ho abbandonato tutto, spezzando le catene che mi legavano alla vita borghese. Ciò che ho sofferto è inconcepibile, ciò che soffro ora è tremendo. Eppure credo che non esiterei, se occorresse ricominciare, a percorrere lo stesso cammino”.
Finalmente, durante la quarta mostra degli Impressionisti, il pubblico inizia a cambiare prospettiva e lo scrittore Duranty accenna un primo commento positivo: “Gli impressionisti, per lo meno Monet e Pissarro, sono persone serie e dotate di un vivo sentimento artistico”.
Nel 1883 Camille Pissarro, artista consacrato può ora inaugurare la sua prima mostra personale, mentre continua a dipingere ad Osny, nei pressi di Pontoise.
La brevità del divisionismo
In quello stesso periodo conosce Signac e Seurat, pittori che influenzeranno le sue opere più mature, portandolo ad avvicinarsi alla tecnica divisionista.
Nonostante il parere contrario di molti, tra cui Monet e Renoir, Pissarro sperimenterà queste tecniche in un suo “neoimpressionismo” basato sul metodo puntinista.
Il periodo divisionista dura solo pochi anni: Pissarro è costretto ad allontanarsene poiché la tecnica “a puntini” rallenta troppo la sua produzione e le quotazioni dei suoi quadri sono fin troppo modeste. Resta comunque fondamentale il suo ruolo nel nascente Neoimpressionismo soprattutto se si considera che nel 1886, quando viene inaugurata l’ottava ed ultima mostra degli Impressionisti, l’artista insiste affinché possano parteciparvi anche Signac e Seurat.
L’avanzare dell’età gli procura, intanto, un continuo fastidio all’occhio a causa di un’infiammazione cronica che gli rende difficile lavorare all’aperto. Per cercare di ovviare al problema decide di costruire uno studio nel giardino della sua casa ad Eragny, acquistata grazie ad un prestito di Monet.
Non smette mai di dipingere e vive una vecchiaia felice e produttiva: è cresciuta la stima del pubblico e con essa anche l’agiatezza economica.
Si reca spesso a Parigi, visita l’Olanda in occasione di una mostra di Rembrandt, viene persino invitato ad esporre presso la mostra internazionale di Pittsburgh.
Nel 1903 esegue il suo ultimo autoritratto: gli occhiali da vista proteggono i suoi occhi malati, ma ad affascinarci è soprattutto lo vivacità del suo sguardo.
In quel periodo, Pissarro, artista consacrato ma ormai anziano, valuta l’idea di trasferirsi nuovamente a Parigi, deve però accantonare l’idea quando un ascesso alla prostata lo costringe a letto. Si affida alle cure di un omeopata che non ritiene necessario intervenire chirurgicamente. La decisione sarà fatale poiché il 13 novembre 1903 l’infiammazione causa un avvelenamento del sangue e la luce negli occhi di Pissarro si spegne per sempre.