La scelta del nome “Artgender” deriva dalla considerazione per cui esso non debba essere usato solamente come il brand che identifica una particolare società che opera nei settori dell’eventistica, dell’editoria e della comunicazione; per noi l’Artgender rappresenta una vera e propria tipologia di essere umano ovvero chi lo è più profondamente.

Non esclude nessuno ma rinomina una categoria, composta da gente molto diversa al proprio interno… di qualunque credo, origine e direzione; ma, accomunata da un unico fattore: quello artistico. Chiunque può essere o sentirsi un artista fin tanto che si preoccupa di produrre o semplicemente accostarsi ad una qualsiasi forma di espressione.

Questa parola, il nostro nome, identifica chi crede che la bellezza sia necessaria, nelle cose, nelle persone, nei pensieri, nelle parole, nei modi… che l’ispirazione contribuisca alla formazione personale e che l’implementazione delle proprie doti contribuisca ad un’evoluzione individuale.

Antonio Canova: successo planetario, eroico stoicismo e sconfinato amore per la patria

Antonio Canova: successo planetario, eroico stoicismo e sconfinato amore per la patria

Il 1 novembre 1757 a Possagno, in provincia di Treviso, Angela Zardo moglie dello scalpellino Pietro Canova dà alla luce un figlio, cui viene dato il nome di Antonio.

Il padre Pietro scompare prematuramente e la madre decide di risposarsi con Francesco Sartori, originario di Bassano del Grappa. Per questo motivo il piccolo Antonio, che ha soltanto tre anni, viene affidato ai nonni paterni Pasino e Caterina.

All’età di 11 anni il talento artistico di Canova viene notato dal senatore Giovanni Falier che contatta lo scultore Giuseppe Bernardi chiedendogli di far entrare il giovane nel suo studio a Pagnano di Asolo. Pochi anni dopo Antonio decide di seguire Bernardi, spostandosi a Venezia nella bottega di Santa Marina dove, nel 1774, esegue “Canestri di frutta” proprio per il senatore Falier. L’opera verrà, tuttavia, acquistata da Daniele Fersetti: è l’esordio di una carriera in rapida ascesa.

L’anno successivo partecipa, infatti, al concorso dell’Accademia realizzando una piccola copia dei Lottatori e pochi anni dopo riceve il consenso della critica esponendo il “Dedalo e Icaro” alla fiera della Sensa in piazza San Marco.

Il 9 ottobre 1779 Canova lascia Venezia per trasferirsi a Roma, ospite dell’ambasciatore veneto Girolamo Zulian. Proprio nella Capitale, frequenta alcuni colleghi che si riveleranno fondamentali per la sua formazione artistica come l’incisore Giovanni Volpato.

Nei primi mesi del 1780 si ha notizia di un viaggio di Canova in Campania. Nel suo diario egli racconta estasiato l’emozione provata a Napoli davanti al Cristo Velato, un’opera tanto perfetta che Canova vorrebbe acquistarla.

A Pompei, Paestum ed Ercolano osserva, invece, i capolavori del passato: sarà questo viaggio ad accendere in lui il desiderio di approfondire la classicità greca e romana.

Tornato a Roma, Canova può rendere stabile il suo trasferimento, aiutato finanziariamente dalla pensione di 300 ducati che per tre anni riceve dalla Repubblica veneta.

A credere nelle sue doti di scultore è, ancora una volta, l’ambasciatore Zulian che, lasciando libero l’estro creativo di Canova, gli commissiona un’opera senza un tema prefissato. L’artista accetta con entusiasmo realizzando, nel 1781, il famoso Teseo trionfante sul Minotauro.

Canova è ormai uno scultore riconosciuto oltre i confini nazionali con una carriera in rapida ascesa, ma a scuotere momentaneamente il suo animo è una vicenda personale: invaghitosi della bellissima Domenica Volpato vorrebbe chiederla in sposa, ma la donna lo rifiuta preferendo l’incisore napoletano Raffaelle Morghen.

Fortunatamente Canova sceglie di superare la delusione amorosa concentrandosi sul lavoro e sulle tante commissioni che inizia a ricevere, come quella del 1783 per la realizzazione di un monumento funerario a Clemente XIV. Per il sepolcro l’artista riceve un compenso di diecimila scudi, una cifra altissima per l’epoca che ben rende l’idea della fama ormai raggiunta dal Canova.

Recatosi nuovamente a Napoli con l’intenzione di riposarsi dopo la conclusione dei lavori scultorei, Canova incontra invece John Campbell, un colonnello inglese che gli commissiona la realizzazione di un gruppo marmoreo raffigurante Amore e Psiche che si abbracciano.

Intanto a Roma i fratelli Rezzonico, nipoti del pontefice Clemente XIII, si attivano affinché Canova realizzi per lo zio un monumento funerario che superi per maestosità il precedente.

Lo scultore si dedica per quattro anni al completamento di questo sepolcro rigorosamente neoclassico. Canova sa di aver realizzato un’opera straordinaria, ma ha bisogno di ascoltarlo direttamente dal pubblico. La notte dell’inaugurazione perciò, travestito da mendicante si mischia tra la folla per origliare i commenti del Papa, dei colleghi e di tutti i presenti.

Canova è all’apice del successo, riceve più commissioni di quante riesca ad accettare: pontefici, principi e principesse, persino Caterina II vorrebbe incontrarlo in Russia. Ma Canova è molto affaticato dalla sua attività di scultore e, con estremo rammarico, decide di non accettare l’invito omaggiando però l’imperatrice con una copia di una delle sue opere più famose, Amore e Psiche.

Si reca invece a Possagno, sua città natale, dove rivede l’amato nonno Pasino e dove viene accolto da una folla in festa.

Non bisogna, però, dimenticare il contesto politico all’interno del quale si inserisce l’attività dell’artista: Napoleone ha appena vinto la campagna d’Italia ed a Canova viene sospesa la pensione vitalizia, nonostante Bonaparte stesso gli avesse promesso protezione.

L’artista non si sente al sicuro nella Capitale e, dopo un breve ritorno a Possagno, trova ospitalità presso la corte di Francesco II d’Asburgo-Lorena. Proprio qui in Austria realizza il monumento funebre per Maria Cristina, fortemente voluto dal marito Alberto di Sassonia-Teschen e collocato poi all’interno della chiesa degli Agostiniani di Vienna.

Canova viaggia in giro per l’Europa in cerca di una città in cui stabilizzarsi. Visita Praga, Berlino e Monaco ma nessuna capitale riesce a stimolarlo più di Roma dove, infine, ritorna sul finire del secolo.
Papa Pio VII, lieto del suo ritorno in patria, lo accoglie nominandolo dapprima cavaliere e, poco dopo Ispettore generale delle Antichità e belle Arti dello Stato della Chiesa. Queste nomine non fanno altro che rendere inevitabile la successiva commissione che Canova riceve: Napoleone in persona desidera che l’artista realizzi per lui un’opera. Canova ha forti dubbi di natura politica ma, inevitabilmente, si reca a Parigi per accontentare Bonaparte divenendo l’artista ufficiale del regime.

Ma ad impensierire l’artista è soprattutto il modo in cui Napoleone tratta (o meglio maltratta) la sua amata Venezia: “Vale più la mia libertà, la quiete ed i miei amici” scriverà ad un amico, rispetto agli onori che riceve a Parigi.

Torna così a Roma dove realizza, tra le altre opere, il monumento funebre per Vittorio Alfieri.

Napoleone continua, intanto, a privare l’Italia del suo patrimonio artistico e, quando trasferisce da Firenze al Louvre la Venere de’ Medici, Canova decide di “ribellarsi” artisticamente: realizza così la Venere Italica che colloca proprio all’interno della Tribuna degli Uffizi che Napoleone ha depredato.

La fama di Canova ha ormai superato i confini europei e persino nelle Accademie di New York e Philadelphia si studiano e celebrano le opere dell’artista.

Paradossalmente, però, la scultura che più riceve plauso e ammirazione è legata proprio a Napoleone: Paolina Borghese, sorella di Bonaparte, distesa su un divano con un pomo in mano e le sembianze divine di una Venere vincitrice.

L’Imperatore chiede con insistenza che Canova si trasferisca presso la sua corte, ma l’integrità morale dell’artista non vacilla e, dopo essersi recato in Francia per ritrarre l’imperatrice Maria Luisa, fa rapido ritorno in Italia.

Lo stoicismo con cui Canova ha cercato di proteggere l’Italia dal furto francese non è di certo passato inosservato e, dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia, spetta proprio all’artista il delicato compito di recuperare le opere d’arte ingiustamente trasferite a Parigi, superando l’opposizione di francesi e russi.

Dopo un breve soggiorno a Londra, Canova fa ritorno a Roma dove viene nominato dal pontefice “Marchese d’Ischia” proprio come ringraziamento per aver riportato in patria così tante opere d’arte italiane.

Nel 1818 gli abitanti di Possagno chiedono al loro celebre concittadino un aiuto nella restaurazione della chiesa parrocchiale e Canova si spinge oltre regalando loro una nuova chiesa a pianta circolare ed ispirata al Pantheon di Roma. La prima pietra dell’edificio viene posta l’11 luglio 1818, l’ultima nel 1830 senza che Canova potesse, purtroppo, assistervi.

Lo scultore si trova a Venezia ospite dell’amico Florian quando, la mattina del 13 ottobre 1822, i dolori di stomaco che da anni lo tormentano si trasformano  in un attacco di dissenteria che ferma per sempre il suo nobile martello.

Dopo la celebrazione di un funerale a Possagno ed uno a Roma, l’artista viene seppellito all’interno del tempio da lui progettato per la sua città natale.

Il cuore è, invece, lì dove Canova lo ha sempre lasciato: conservato nella sua Venezia all’interno del Monumento funebre a lui dedicato.

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